domenica 8 aprile 2012

La Febbre da denti esiste veramente? Una rivisitazione storica in occasione dei 30 anni di Medico e Bambino

In occasione dei 30 anni di Medico e Bambino la rivisitazione sulla Pagina Gialla del numero di Marzo di un articolo pubblicato nel 1982 e rivisto alla luce di recenti lavori che si chiedono ancora se la febbre da denti esiste veramente




La febbre da denti esiste veramente? Questo articolo uscito sul quarto numero di Medico e Bambino (anche se, piccola curiosità storica, annunciato erroneamente nell’indice del primo numero) rappresenta nei fatti un esempio ante litteram di metanalisi: una revisione critica e selettiva della letteratura per mettere ordine in un problema tanto banale quanto (almeno allora) dibattuto.
Era un articolo non firmato, come spesso usavamo fare allora: un po’ per non ripetere troppe volte gli stessi nomi d’Autore, un po’ perché eravamo convinti che fosse giusto così, trascinati dall’ideologia che quello che stavamo facendo doveva semplicemente essere utile agli altri. Solo tre studi prospettici, tra i tanti presenti nella letteratura di allora, furono presi in considerazione
perché ritenuti sufficientemente adeguati sul piano metodologico (e dire che la Cochrane era lontana dal nascere…).
Le conclusioni? La dentizione può associarsi a disturbi “locali” (come la salivazione) o generali (come l’irritabilità). Non è invece associata a febbre. Tutto questo vuol dire, sottolineano gli Autori, che se un bambino con eruzione dentaria (in corso o appena avvenuta) ha la febbre va visitato e affrontato come un qualsiasi altro bambino con febbre per non incorrere nel rischio di mancare una diagnosi di malattia suscettibile di cura (Redazionale. Medico e Bambino 1982,1(4),61-3). La letteratura che si è aggiunta negli ultimi trent’anni conferma che eravamo nel giusto. Nel 2007, una metanalisi pubblicata su una autorevole rivista internazionale (Tighe M, et al. Arch Dis Child 2007;92:266-28) conclude che non ci sono evidenze che la dentizione procuri febbre, che non si può nemmeno dire che esistano con certezza sintomi specifici della dentizione (in uno degli studi prospettici presi in considerazione l’ipersalivazione, l’arrossamento gengivale, l’irritabilità o l’alvo irregolare mancano del tutto in più del 35% delle eruzioni) e che quindi non bisogna mai accettare una diagnosi di comodo di “febbre da denti” senza aver prima escluso altre cause.

Un recentissimo studio prospettico pubblicato su Pediatrics (Ramos-Jorge J, et al. Pediatrics 2011;128:471-6), pur evidenziando la possibilità che la dentizione si accompagni a qualche disturbo minore come l’irritabilità e l’ipersalivazione, riconferma inequivocabilmente che la febbre da denti “non esiste” e rimarca che questa diagnosi non andrebbe quindi mai posta. Ci sconforta non poco, quindi, che nell’ultima edizione (la diciannovesima) del nostro mitico Nelson, la low-grade fever venga ancora segnalata come un sintomo di accompagnamento della dentizione (pag. 1257). Il prof. Tinanoff che ha scritto il capitolo è un odontoiatra e, probabilmente, legge una letteratura diversa da quella che leggiamo noi… Lo abboneremo a Medico e Bambino!

venerdì 6 aprile 2012

Le Linee Guida sull'AUTISMO: dal dire al fare

Come già stato segnalato anche su questo Blog sono state pubblicate recentemente le linee guida (LG) sull'AUTISMO da parte del Servizio Nazionale Linee Guida. Rappresentano un passo importante al fine di garantire delle prestazioni e dei servizi di rete che siano conformi a quelle che sono le evidenze pubblicate in letteratura.

Sul numero di Marzo di Medico e Bambino è pubblicata la sintesi delle Linee Guida, con il commento autorevole di Cinzia Raffin, direttrice scientifica della fondazione Bambini e Autismo. Ci ricorda Cinzia Raffin un aspetto importante che spiega in parte le innumerevoli polemiche che sono nate dopo la pubblicazione delle LG: "Le difficoltà che la famiglia incontra a crescere il figlio con manifestazioni autistiche portano, dopo la diagnosi, a cercare o ad accettare offerte terapeutiche e di sostegno non Evidence-based (le linee guida pubblicate hanno essenzialmente lo scopo di superare questo rischio)".

Scrive il Prof Panizon nel suo editoriale: "il commento di Cinzia Raffin fà cenno tra gli altri agli interventi poli-partisan in Parlamento (il Parlamento, ahimè, non del popolo ma delle lobbies) proprio su quelle LG, e sugli interventi che NON vi sono stati nominati (non evidentemente perché “falsi” ma perché non sostenuti, sinora, da sufficienti “evidenze”); omissioni che sono apparse offensive e costrittive per gli operatori (cosa che non può essere nemmeno immaginata, nell’ambito di una sincera “buona pratica clinica”); interventi a cui il Governo, nella persona del Sottosegretario alla salute ha risposto che “c’è la disponibilità del Governo ad approfondire, validare ed emendare le linee guida”. Ma a chi li farà fare, il Governo, queste validazioni e questi emendamenti? Forse a quell’Istituto Superiore di Sanità che le ha elaborate? Oppure a un Super-Istituto di prossima istituzione?"

Il rischio che si corre è quello di non dare sufficente credibilità a queste importanti LG. Crediamo che sia necessario per passare dal dire al fare seguire quello che il Ministro della Sanità Balduzzi ha riportato in occasione della Giornata Mondiale sull'Autisno: "Il ministero intende promuovere in collaborazione con le Regioni, lo sviluppo di reti di servizi sanitari e socioassistenziali per la diagnosi, la presa in carico ed il trattamento di queste condizioni, valorizzando l'approccio multiprofessionale ed interdisciplinare e promuovendo l'integrazione tra gli interventi sanitari e quelli scolastici, educativi e sociali, tra servizi pubblici e servizi del privato accreditato, del privato sociale, il coinvolgimento delle famiglie e le loro associazioni".

C'è quindi molto da lavorare se si considera anche, come riportato nell'editoriale di Medico e Bambino: "I bambini con autismo saranno pochi, ma sono più di quelli col diabete; e se consideriamo quelli che entrano nel (forse troppo largo) “spettro autistico”, che comprende anche bambini che avremmo considerato semplicemente come “molto difficili” (e attenzione a non medicalizzare quello che non va medicalizzato), diventano subito tanti. E diventa subito difficile sceverare tra quelli che hanno bisogno di cure e quelli che hanno bisogno di comprensione".