sabato 26 maggio 2012

Nuovo rapporto CeDAP, analisi dell'evento nascita in Italia


 
L'analisi dei dati sanitari e socio-demografici di oltre 548mila parti in 549 punti nascita nel nostro Paese è l'obiettivo dell'8° Rapporto CeDAP - Analisi dell'evento nascita. Il documento, realizzato dall'Ufficio di Direzione Statistica del Ministero della Salute, raccoglie le informazioni rilevate dal flusso informativo del Certificato di Assistenza al Parto (CeDAP) del 2009.
La rilevazione, istituita dal Decreto ministeriale 16 luglio 2001 n.349 "Modificazioni al certificato di assistenza al parto, per la rilevazione dei dati di sanità pubblica e statistici di base relativi agli eventi di nascita, alla natimortalità ed ai nati affetti da malformazioni", costituisce la più ricca fonte a livello nazionale di informazioni sanitarie, epidemiologiche e socio-demografiche relative all'evento nascita.

Il rapporto 2009, con un totale di 549 punti nascita, presenta una migliore copertura rispetto agli anni precedenti: ben il 49% di schede in più rispetto al 2002, un numero di parti pari al 98,2% di quelli rilevati con la Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO) ed un numero di nati vivi pari al 98,0% di quelli registrati presso le anagrafi comunali nello stesso anno. La qualità dei dati risulta buona per gran parte delle variabili, in termini sia di correttezza sia di completezza.

Di seguito una sintesi degli altri dati presenti nel documento:

Dove si partorisce
L'87,7% dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici, il 12,1% nelle case di cura e solo 0,2% altrove. Naturalmente nelle Regioni in cui è rilevante la presenza di strutture private accreditate rispetto alle pubbliche, le percentuali sono sostanzialmente diverse. Il 66,7% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui. Tali strutture, in numero di 204, rappresentano il 37,2% dei punti nascita totali. Il 7,92% dei parti ha luogo invece in strutture che accolgono meno di 500 parti annui.

Caratteristiche delle madri
  • Nel 2009, il 18,0% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana. Tale fenomeno è più diffuso al centro nord dove oltre il 20% dei parti avviene da madri non italiane; in particolare, in Emilia Romagna, quasi il 28% delle nascite è riferito a madri straniere. Le aree geografiche di provenienza più rappresentative, sono quella dell'Africa (27,8%) e dell'Unione Europea (24,7%). Le madri di origine Asiatica e Sud Americana sono rispettivamente il 18,2% e l'8,8% di quelle non italiane
  • l'età media della madre è di 32,5 anni per le italiane mentre scende a 29,1 anni per le cittadine straniere. I valori mediani sono invece di 32,3 anni per le italiane e 28,3 anni per le straniere. L'età media al primo figlio è per le donne italiane quasi in tutte le Regioni superiore a 31 anni con variazioni sensibili tra le regioni del nord e quelle del sud. Le donne straniere partoriscono il primo figlio in media a 27,5 anni
  • delle donne che hanno partorito nell'anno 2009 il 45,0% ha una scolarità medio alta, il 33,7% medio bassa ed il 21,3% ha conseguito la laurea. Fra le straniere prevale invece una scolarità medio bassa (52,0%)
  • l'analisi della condizione professionale evidenzia che il 59,8% delle madri ha un'occupazione lavorativa, il 31,2% sono casalinghe e il 7,3% sono disoccupate o in cerca di prima occupazione. La condizione professionale delle straniere che hanno partorito nel 2009 è per il 55,7% quella di casalinga a fronte del 65,8% delle donne italiane che hanno invece un'occupazione lavorativa
  • nel 92,27% dei casi la donna ha accanto a sé al momento del parto (sono esclusi i cesarei) il padre del bambino, nel 6,37% un familiare e nell'1,16% un'altra persona di fiducia. La presenza di una persona di fiducia piuttosto che di un'altra risulta essere influenzata dall'area geografica.
Eccessivo ricorso al parto cesareo
Si conferma il ricorso eccessivo all'espletamento del parto per via chirurgica. In media, il 38,0% dei parti avviene con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali che comunque evidenziano che in Italia vi è un ricorso eccessivo all'espletamento del parto per via chirurgica. Rispetto al luogo del parto si registra un'elevata propensione all'uso del taglio cesareo nelle case di cura accreditate in cui si registra tale procedura in circa il 58,3% dei parti contro il 35,0% negli ospedali pubblici. Il parto cesareo è più frequente nelle donne con cittadinanza italiana rispetto alle donne straniere, nel 28,6% dei parti di madri straniere si ricorre al taglio cesareo mentre si registra una percentuale del 40,1% nei parti di madri italiane.

Esami diagnostici durante la gravidanza
Nell'84,2% delle gravidanze il numero di visite ostetriche effettuate è superiore a 4 mentre nel 73,2% delle gravidanze si effettuano più di 3 ecografie. La percentuale di donne italiane che effettuano la prima visita oltre la 12° settimana è pari al 2,9% mentre tale percentuale sale al 15,0% per le donne straniere. Le donne con scolarità bassa effettuano la prima visita più tardivamente rispetto alle donne con scolarità medio-alta: si sottopongono alla prima visita oltre la 12° settimana il 12,3% delle donne con scolarità bassa, mentre per le donne con scolarità alta la percentuale è del 3,1%. Per le donne più giovani si registra una frequenza più alta di casi in cui la prima visita avviene tardivamente (12,9% nelle madri con meno di 20 anni). In media, inoltre, sono state effettuate 14,2 amniocentesi ogni 100 parti. A livello nazionale alle madri con più di 40 anni il prelievo del liquido amniotico è stato effettuato in quasi la metà dei casi (40,69%).

Procreazione medicalmente assistita
Per circa 6.786 parti si è fatto ricorso ad una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA), in media 1,23 ogni 100 gravidanze. La tecnica più utilizzata è stata la fecondazione in vitro con successivo trasferimento di embrioni nell'utero (FIVET), seguita dal metodo di fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma (ICSI).

Dati relativi ai neonati
L'1% dei nati ha un peso inferiore a 1.500 grammi ed il 6,1% tra 1.500 e 2.500 grammi. Nei test di valutazione della vitalità del neonato tramite indice di Apgar, il 99,2% dei nati ha riportato un punteggio a 5 minuti dalla nascita compreso tra 7 e 10. Sono stati rilevati 1.578 nati morti corrispondenti ad un tasso di natimortalità, pari a 2,83 nati morti ogni 1.000 nati, e 5.529 nati con malformazioni. L'indicazione della causa è presente rispettivamente solo nel 19,4% dei casi di natimortalità e nel 51,2% di nati con malformazioni.

Fonte Ministero della Salute 

domenica 13 maggio 2012

La gestione informatizzata dell'attività del pediatra di famiglia

Medico e Bambino pubblica sul numero di Aprile 2012 un contributo sulla gestione informatizzata dell'attività del pediatra di famiglia. La cartella medica orientata per problemi, un modello teorico nato nel 1969, oggi naturalmente computerizzabile, rappresenta ancora il modello ideale per gestire la quotidianità senza perdere di vista i problemi di fondo, espliciti e racchiusi nella quotidianità stessa. È stata definita lo strumento più utile a disposizione di un medico di famiglia, ma crediamo che sia di estrema utilità anche per il pediatra ospedaliero.


Il modello della Cartella Medica Orientata per Problemi (CMOP) mantiene la sua fruibilità nella registrazione del quotidiano, associata a una lista aggiornata e sintetica dei problemi, concisa e completa, facilmente leggibile da collaboratori, sostituti, consulenti o altri colleghi chiamati a intervenire d’urgenza.
È strutturata in quattro parti tra loro collegate: la lista dei problemi, occasionalmente aggiornata, i dati di base, i programmi, e il diario clinico, aggiornato a ogni visita.

Nella lista dei problemi possono essere inclusi, oltre alle malattie con diagnosi già definita (es. asma, tonsillite ricorrente, obesità), anche gli stati fisiopatologici (es. difficoltà di alimentazione, basso peso), i sintomi rilevanti da monitorare (es. tosse persistente), i segni obiettivi non spiegati (es. fegato palpabile, ipertrofia dei turbinati), i problemi da affrontare (es. anemia ipocromica non spiegata, VES alta di natura non determinata).
In ciascun ambito, le note vanno organizzate secondo lo schema SOAP, in sottosezioni contraddistinte da ciascuna delle quattro lettere: S (dati SOGGETTIVI riferiti), O (dati OBIETTIVI), A (ASSESSMENT, valutazioni e riflessioni del medico), P (PROGRAMMA di intervento).
La CMOP, oltre alla facilità e all’immediatezza della lettura, per chiunque ma specialmente per il medico curante consente di “non perdere” i problemi: così una ricerca su 400 CMOP e 400 cartelle cliniche "normali” mostrava che, col secondo tipo di gestione, erano stati “persi” 77 problemi, uno ogni 6 pazienti, contro zero delle CMOP.

M. Doria, V. Murgia, G. Ventriglia.
LA GESTIONE INFORMATIZZATA DELL’ATTIVITA' DEL PEDIATRA DI FAMIGLIA.  
Medico e Bambino 2012;31:227-232


giovedì 3 maggio 2012

Vaccinazione Morbillo Rosolia e Parotite e Autismo: un falso in atto pubblico

 
Sembrava una vecchia teoria ormai screditata, invece il Tribunale di Rimini è tornato a sostenere che un vaccino può fare diventare autistico un bambino. Lo ha fatto con la sentenza n. 2010\148, Ruolo n°2010\0474; Cron. N° 2012\886, con la quale ha accolto il ricorso presentato da una coppia di genitori contro il ministero della Salute per chiedere il pagamento dell’indennizzo per complicanze irreversibili causate da una vaccinazione. Contro la sentenza, che ha destato molto clamore, si sono pronunciati tutti i Board Scientifici di Società, Associazioni e Federazioni che hanno sottolineato il loro sconcerto, richiamandone le ragioni: la sentenza fa riferimento ad un vecchio studio che è stato dichiarato come un  falso storico, per dichiarazione della stessa rivista che lo aveva pubblicato.
Abbiamo ritenuto opportuno riportare il testo integrale riportato dai colleghi dell’Istituto Superiore di Sanità sull’argomento. Il contenuto del documento assume un peso scientifico che di per sè fà fronte alle notizie false ed alla disinformazione, che purtroppo hanno trovato spazio in un atto di un Tribunale colpevolmente non al passo con i tempi.


La presenza di una possibile associazione causale tra vaccinazione con il vaccino Mpr e autismo è stata estensivamente studiata. Il termine autismo si riferisce a un insieme di patologie caratterizzate da problemi di comunicazione e interazione con gli altri, unite a una tendenza a mostrare comportamenti o interessi ripetitivi. I pazienti con disordini di tipo autistico possono presentare uno spettro ampio di condizioni cliniche: da una sostanziale assenza di interazione con gli altri, a situazioni in cui l’adattamento al contesto sociale è buono nella maggior parte dei casi. Di solito l’autismo viene diagnosticato nel secondo anno di vita o in età prescolare, anche se in alcuni bambini la diagnosi è più tardiva. È stato inoltre riportato che il 20% circa dei bambini con autismo presenta una regressione del comportamento; questi bambini, cioè, hanno uno sviluppo neurocomportamentale apparentemente normale fino a un certo punto della loro vita, quando perdono le capacità di comunicazione acquisite fino a quel momento. L’autismo può aver molte cause e si ritiene che tra i fattori più importanti vi siano quelli genetici e la presenza alla nascita di anomalie cerebrali.

L’ipotesi che la vaccinazione Mpr possa essere associata ad autismo è stata sollevata negli anni Novanta da uno studio inglese, in cui si sosteneva che il vaccino trivalente Mpr potesse provocare un’infiammazione della parete intestinale, responsabile del passaggio in circolo di peptidi encefalo-tossici. Questa ipotesi ha avuto una vasta risonanza sulla stampa anglosassone, ed è stata successivamente valutata da numerosi studi condotti sia in Europa che negli USA. Nessuno degli oltre 20 studi condotti negli ultimi 13 anni ha confermato che possa esserci una relazione causale tra vaccino Mpr e autismo. Inoltre, gli stessi autori dello studio inglese hanno successivamente ritirato le loro conclusioni e dichiarato che i dati presentati erano insufficienti per stabilire un’eventuale relazione causale e nel 2010 la nota rivista medica “The Lancet”, che aveva pubblicato lo studio sopra citato nel 1998, ha formalmente ritirato tale articolo. Oltretutto è stato recentemente riportato che, oltre ai difetti epidemiologici di questo studio, numerosi fatti circa la storia anamnestica dei pazienti fossero stati alterati dall’autore per supportare i risultati e che l’intero studio fosse distorto da interessi economici. In particolare:
  • tre dei nove casi riportati nello studio come affetti da autismo regressivo non erano mai stati diagnosticati come autistici
  • nonostante lo studio riportasse che prima della vaccinazione 12 bambini erano “normali”, cinque avevano una documentazione che attestava precedenti problemi dello sviluppo
  • è stato riportato che alcuni bambini avevano sviluppato dei sintomi comportamentali nei giorni successivi alla vaccinazione, ma nella documentazione clinica veniva riportato che l’inizio di tali sintomi era avvenuto alcuni mesi dopo la vaccinazione
  • in nove casi, i risultati istopatologici del colon sono stati alterati da “nessuna o una minima fluttuazione nelle cellule infiammatorie” a “colite non specifica”
  • i soggetti erano stati reclutati attraverso gruppi di persone contrari alla vaccinazione Mpr e lo studio è stato commissionato e finanziato con l’obiettivo di avviare una vertenza legale.
L’Autore è stato radiato dall’Ordine dei medici per il suo comportamento.
La possibile relazione tra vaccini Mpr e autismo è stata ampiamente analizzata da un gruppo indipendente di esperti negli Usa (Institute of medicine, Iom) il quale, sulla base di una approfondita revisione degli studi clinici ed epidemiologici esistenti, ha concluso che le evidenze disponibili respingono l’ipotesi di una relazione causale. I Centers for disease control and prevention (Cdc) statunitensi e altre organizzazioni inclusa l’American academy of pediatrics, un’organizzazione professionale con 60 mila membri, hanno raggiunto le stesse conclusioni.

Una recente review ha, inoltre, riportato e valutato i numerosi studi epidemiologici condotti in diversi Paesi europei e americani per indagare la relazione tra vaccino Mpr e autismo, concludendo che non esiste un nesso causale. L’ampia dimensione delle popolazioni studiate ha permesso di raggiungere un livello di potere statistico sufficiente a rilevare anche rare associazioni.
Inoltre, i potenziali meccanismi biologici finora ipotizzati per spiegare come il vaccino Mpr possa scatenare l’insorgenza di una sindrome autistica sono solo teorici e non supportati da evidenze scientifiche. Non è stato dimostrato che il vaccino trivalente sia causa di infiammazione cronica intestinale o perdita della funzione della barriera intestinale, né esiste alcuna evidenza di un possibile ruolo del sistema immunitario nell’autismo.

Anche se alcuni dati suggeriscono che l’incidenza di autismo sia in aumento non è chiaro se questo aumento sia reale o dovuto a una migliorata conoscenza della sindrome tra i medici o all’utilizzo di una più ampia definizione di caso per la diagnosi, e comunque non è stata rilevata alcuna correlazione tra incremento dell’incidenza dell’autismo e incremento dei tassi di copertura vaccinale con il vaccino trivalente.
Al contrario, uno studio recente ha messo in evidenza che negli Stati Uniti la vaccinazione contro la rosolia, che nella maggioranza dei casi viene somministrata come vaccino Mpr, ha evitato, dal 2001 al 2010, centinaia e forse migliaia di casi di disturbi dello spettro autistico.

L’insieme degli studi pubblicati indica, quindi, che non ci sono elementi che sostengono un nesso causale tra la somministrazione dei vaccini Mpr e il disturbo autistico.

Risulta opportuno, invece, considerare la rilevanza della promozione della vaccinazione Mpr con due dosi al fine dell’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita anche nel nostro Paese.

 Stefania Salmaso (direttore Cnesps) e reparto di Epidemiologia delle malattie infettive (Cnesps, Iss)

Tratto da EPICENTRO, Portale di Epidemiologia per la Salute Pubblica
 http://www.epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/MPR_autismo.asp