giovedì 29 luglio 2010

L'uso dei Farmaci In Italia: Rapporto OsMed 2009


Rapporto OsMed 2009: aumenta di poco il consumo di farmaci rispetto all'anno precedente


Ogni italiano ha speso nel 2009 circa 420 euro per comprare farmaci. Un aumento rispetto al 2008 di circa 10 euro ma del 60% in dieci anni (rispetto al 2000). Il mercato farmaceutico totale, comprensivo sia della prescrizione territoriale sia di quella erogata attraverso le strutture pubbliche è stato di oltre 25 miliardi di euro, di cui il 75% a carica del Servizio Sanitario Nazionale. Sono i dati del Rapporto OsMed 2009 elaborato dall’Istituto Superiore di Sanità e presentato l’8 luglio 2010 nell’ambito del convegno "Analisi della prescrizione farmaceutica in Italia".
Come negli anni precedenti, i farmaci del sistema cardiovascolare, con oltre 5 miliardi di euro, sono la categoria più utilizzata, con una copertura di spesa da parte del SSN di circa il 94%. Al secondo posto i farmaci del sistema gastrointestinale (12,7%), i farmaci del sistema nervoso centrale (12,5%) e gli antineoplastici (11,7%) i quali sono erogati quasi per intero (98,8% della spesa) dal SSN.
I farmaci dermatologici (88% della spesa), quelli del sistema genito-urinario ed ormoni sessuali (57,"%) e i farmaci dell’apparato muscolo scheletrico (53,1%) sono invece le categorie maggiormente a carico dei cittadini.
La spesa farmaceutica territoriale complessiva, pubblica e privata, è in leggera crescita rispetto all’anno precedente (+ 1,4%) mentre quella a carico del SSN diminuisce dell’1,7%. Tale andamento è spiegabile in larga misura da un aumento delle compartecipazione da parte dei cittadini (ticket +33,3%), dello sconto (+25,6%) e da una diminuzione dei prezzi (-3,2%).
Il consumo farmaceutico di classe A-SSN è aumentato del 3,4% rispetto al 2008: ogni mille abitanti sono state prescritte 926 dosi di farmaco al giorno (erano 580 nel 2000). Attraverso le farmacie pubbliche e private sono state acquistate nel 2009 complessivamente circa 1,8 miliardi di confezioni (30 per abitante).
Come nel 2008 la Regione con il valore più alto di spesa pubblica per farmaci di classe A è la Calabria con 275 euro pro capite, mentre il valore più basso si registra nella Provincia Autonoma di Bolzano con circa 149 euro pro capite.
Quasi tutte le categorie terapeutiche fanno registrare un incremento delle dosi prescritte rispetto al 2008. In particolare, incrementi nella prescrizione si osservano per i gastrointestinali (+7,9%), per i farmaci del sistema nervoso centrale (+4,2%) e per gli ematologici (+3,3%).
La sostanza più prescritta è risultata, nel 2009, il ramipril con 47 DDD/100 abitanti die. Altre sostanze rilevanti per consumo sono l’acido acetilsalicilico usato come antiaggregante piastrinico (42 DDD) e l’amlodipina (27 DDD).
I farmaci equivalenti rappresentano quasi la metà del consumo territoriale e circa il 28% della spesa, anche se la maggiore prescrizione si concentra ancora sui prodotti branded. Nel 2009 hanno perso il brevetto alcuni principi attivi molto prescritti come il pantoprazolo e il perindopril.
I farmaci con nota AIFA continuano a rappresentare meno di un terzo della spesa e circa un quinto delle dosi.

La spesa relativa ai farmaci erogati attraverso le strutture pubbliche (ospedali, ASL, IRCCS), pari a 6,2 miliardi di euro, rappresenta circa un quarto della spesa complessiva per farmaci in Italia nel 2009. La variabilità regionale della quota di spesa per questi farmaci è compresa tra il 21% della Calabria ed il 32% della Toscana. Il maggiore livello di spesa riguarda i farmaci antineoplastici e immunomodulatori (2,1 miliardi di euro), pari a una spesa pro capite di 40,57 euro, gli antimicrobici per uso sistemico (21,07% euro pro capite) e gli ematologici (circa 16 euro pro capite).
Dall’analisi condotta nella popolazione a disposizione dell’OsMed si rileva nel complesso una prevalenza d’uso del 76%, con una differenza tra uomini e donne (71% e 81% rispettivamente). I maggiori livelli di consumo nelle donne riguardano i farmaci del sistema nervoso centrale e specificatamente degli antidepressivi, i farmaci del sangue (antianemici) e i farmaci del sistema muscolo-scheletrico (i bifosfonati).

Alti valori di esposizione si osservano nei bambini e negli anziani: circa 8 bambini su 10 ricevono in un anno almeno una prescrizione (in particolare antibiotici e antistaminici).


La spesa media di un assistibile di età superiore ai 75 anni è di oltre 12 volte maggiore a quella di una persona di età compresa fra 25 e 34 anni. La popolazione con più di 65 anni assorbe circa il 60% della spesa e delle DDD; al contrario, nella popolazione pediatrica fino a 14 anni, a fronte di elevati livelli di prevalenza, si consuma meno del 3% delle dosi e della spesa.

Scarica il rapporto completo

Fonte: Istituto Superiore di Sanità

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Marchetti F. L'uso dei farmaci in Italia: i risultati del rapporto OsMed 2008. Medico e Bambino 2009;28:450-454

mercoledì 14 luglio 2010

La seduzione dell'impact factor per il mondo accademico


Riprendiamo questa notizia, apparsa sul sito del Pensiero Scientifico Editore, relativa ad un problema che poco riguarda la pediatria di tutti i giorni, ma riguarda invece molto il mondo accademico, anche pediatrico. E' in corso una vera gara che riguarda l'Impact factor, gli indici di citazione. Un bravo medico ed un bravo Professore si valutano anche con questi sistemi "di impatto", ma crediamo non solo. Giudicate voi...


"L'impact factor rappresenta uno dei criteri di valutazione, ma non certo l'unico o principale criteri al quale la commissione debba attenersi". Così si è espressa la sesta sezione del Consiglio di Stato (decisione n. 3561/2010) "riformando – come ben spiega Manuela Perrone sul Sole 24 Ore Sanità – una sentenza del TAR del Veneto con cui i giudici amministrativi avevano annullato la selezione di un associato di malattie infettive all’Università di Verona". Anche l'università inizia a chiedersi se davvero l'IF possa guidare la scelta dei candidati alle docenze...

1. L'impact factor (IF) misura il numero di citazioni ottenute da una rivista da parte di altri periodici inclusi in un database gestito da una società privata che è riuscita a non dichiarare mai in maniera del tutto esplicita quali siano i criteri di determinazione dell’IF (The PLoS Medicine Editors. The impact factor game. PLoS Med 2006; 3: e291. doi: 10.1371/journal.pmed.0030291).

2. Se un autore pubblica su una rivista a IF elevato non è detto che sia un ricercatore di valore, perché l'articolo a sua firma potrebbe non aver concorso affatto al risultato positivo conseguito dal periodico.

3. Per la determinazione dell'indice di produttività dei singoli ricercatori esistono altri software che producono degli indicatori ad hoc, come InCites – gestito dalla stessa società che cura l’IF.

4. In assoluto, l'IF non dà garanzie di qualità: un articolo più citato non è necessariamente un articolo migliore. Basti pensare che l’articolo "Comparison of upper gastrointestinal toxicity of rofecoxib and naproxen in patients with rheumatoid arthritis" di Claire Bombardier et al. (NEJM 2000; 343: 1520-8) ha avuto ad oggi oltre 3.000 citazioni nella letteratura accademica nonostante si tratti di un esempio di letteratura medica condizionata da conflitti di interessi e da distorsioni metodologiche gravi e pericolose per la sanità pubblica (Topol E. Failing the public health – Rofecoxib, Merck, and the FDA. NEJM 204; 51: 1707-9).

5. Per tornare all'ambito universitario, un ricercatore meritatamente molto citato sulla letteratura scientifica potrebbe essere un didatta peggiore di un collega attivo in un ambito di ricerca meno premiante e pertanto con minore visibilità sulle riviste internazionali.

Ciononostante, la tentazione di fare a gara su chi ha l'IF più alto è troppo forte. The Lancet ha orgogliosamente indossato la coccarda con cui annunciava di aver superato la fatidica soglia di 30 (per la precisione: 30,758) confermandosi al secondo posto tra le riviste della categoria "General Medicine".

Coccarda che è durata poco sulla homepage del sito; e desta un po' di sorpresa la nota del 10 Luglio con cui il direttore Richard Horton sembra suggerire ai lettori di non fidarsi troppo di questa misura bibliometrica, addirittura sottolineando i meriti di una fonte come il Cochrane Database of Systematic Reviews (IF 5,65), potenzialmente concorrente del settimanale londinese e scrivendo come segue: "Users of the medical literature should start paying more attention to the Cochrane Database of Systematic Reviews, and less attention to some better known competitors".

LdF su Dottprof.com


Il Pensiero Scientifico Editore per Dottoprof.com

lunedì 5 luglio 2010

La gestione delle convulsioni febbrili: le conoscenze degli operatori sanitari


La gestione del bambino con convulsioni febbrili (CF) risulta essere relativamente semplice, alla luce di quelle che sono le conoscenze prodotte nel corso degli anni.
Le Linee Guida pubblicate recentemente in letteratura suggeriscono in modo chiaro e con alti livelli di evidenza alcuni aspetti di conoscenza e di gestione delle CF, con particolare riferimento alla loro incidenza e ricorrenza, all’utilizzo dei clismi di diazepam in corso di crisi, alla inefficacia dei farmaci antipiretici nel prevenire la ricorrenza delle CF ed al ricorso o meno all’esame elettroencefalografico (EEG).

La forza delle evidenze disponibili ha suggerito l’opportunità di verificare lo stato attuale delle conoscenze e dei comportamenti da parte del personale sanitario (pediatri ospedalieri (PO), pediatri di libera scelta (PLS), specializzandi in pediatria (SP), infermieri pediatrici o di area pediatrica (IP)) in merito alle CF e le eventuali difformità su cui agire tramite apposite campagne di informazione.

L'iniziativa, a partire da uno scenario clinico pubblicato on-line (bambina di 1 anno e mezzo con primo episodio di CF semplice), è stata promossa dall'Associazione Culturale Pediatri, dalla Società Italiana di Scienze Infermieristiche Pediatriche e dalla Clinica Pediatrica dell'Istituto per l'Infanzia Burlo Garofolo di Trieste.

I risultati dello studio sono molto interessanti e li riportiamo dall'abstract del rapporto:

Risultati: Hanno risposto al questionario 1025 operatori sanitari, di cui 162 PO, 604 PLS, 92 SP, 167 IP.
L’incidenza delle CF, pari al 3-5%, è stata indicata correttamente dal 64% degli operatori (41% per gli IP; 71% per i PLS); la probabilità di ricorrenza di un nuovo episodio di CF, stimata al 20-30%, è stata indicata correttamente dal 58% degli operatori (47% per gli IP, 64% per gli SP). Il 75% ha indicato, in modo appropriato, che non vi è dimostrazione che l’antipiretico, anche se somministrato in modo sistematico in corso di febbre, riduca la ricorrenza della CF. Sempre il 75% degli operatori (82% per gli SP, 72% per i PO)ritiene, in modo appropriato, che il diazepam endorettale vada utilizzato se il bambino presenta una crisi che dura più di 1-2 minuti. In merito alla opportunità, di fronte ad una CF semplice, di non eseguire l’EEG, l’81% riporta correttamente questa raccomandazione (93% per gli SP, 76% per gli IP). Complessivamente solo il 45% degli operatori ha fornito una risposta corretta a tutti e cinque i quesiti formulati.

Conclusioni: la conoscenza da parte dei medici e del personale infermieristico delle evidenze in merito alla valutazione di un bambino con CF rappresenta il primo passo per una corretta gestione e per una adeguata informazione dei genitori. I risultati dello studio evidenziano un discreto livello di conoscenza degli operatori sanitari, anche se con una differenza tra le categorie professionali. Si rendono pertanto necessarie campagne di informazione e formazione sulla gestione del bambino con CF, a partire da quelle che sono le raccomandazioni formulate nelle LG sugli specifici punti che sono stati oggetto dello studio.

Il rapporto completo dello studio, con la sintesi delle evidenze a supporto delle risposte "corrette", è disponibile on line nella home page di Medico e Bambino, in "Segnaliamo".

Tornese G, Festini F, Siani P, Simeone G, Marchetti F
LA GESTIONE DELLE CONVULSIONI FEBBRILI: ATTITUDINI DI COMPORTAMENTO DEGLI OPERATORI SANITARI
Report finale, Luglio 2010

venerdì 2 luglio 2010

Atrocità in Afghanistan

Il 10 giugno alcuni giornali hanno pubblicato una notizia agghiacciante: “in Afghanistan i talebani hanno impiccato un bambino di 7 anni”, reo di non so quale azione di spionaggio.
A distanza di molti giorni da questa atrocità (non so quale aggettivo usare, qualsiasi vocabolo mi viene in mente mi sembra riduttivo, qualcuno mi aiuti a trovarne uno adatto) non riesco a non pensare a questa crudeltà compiuta su un bambino.

Com’è possibile che accada questo? Impiccare pubblicamente un bambino nel 2010.
Nel 2001 il regista francese Jean-Jacques Annaud ha girato un film intitolato il “Nemico alle porte”, film, che penso molti abbiano visto, sulla battaglia di Stalingrado, con numerose terribili scene di sangue e violenza. Una delle più difficili da vedere è quella del bambino Sacha, usato dai grandi per la loro guerra, come probabilmente questo povero bambino afgano, penzolare impiccato ad una pompa d’acqua per locomotive. Credo che il regista, generoso di sangue e atrocità per tutto il film, abbia avuto un po’ di pudore o disagio a mostrare il corpicino che penzola dalla forca, cosi lo ha fatto per pochi secondi, in lontananza, ma la scena è ugualmente quasi impossibile da guardare.
Sappiamo che ogni giorno muoiono bambini per fame, per malattie o mancanza di farmaci per curarle, per guerre, per violenze degli adulti, sempre e comunque per qualche crudeltà dei grandi, grandi potenze, grandi interessi, grandi regole del mercato, grandi giochi della politica, grandi… egoismi.
Questo martirio, di uno sconosciuto, piccolo, afgano sembra riassumere la tragedia dell’infanzia nell’inizio del 3° millennio.
Dolorosamente, mi sorprende, che questo fatto abbia avuto così poca risonanza, non grida, non appelli, non dibattiti, non blog o discussioni, non l’orrore generale che merita. Non so perché, forse non ci siamo fermati a riflettere a sufficienza, forse non abbiamo guardato nostro figlio, nostro nipote o un qualsiasi bambino di 7 anni e abbiamo immaginato…
A noi Pediatri è richiesta, e sicuramente l’abbiamo, una sensibilità, un’attenzione speciale per i bambini e credo che non possiamo dimenticare questa atrocità. Non so cosa fare di concreto, chi coinvolgere e come farlo. Credo che tutti insieme, noi pediatri, dobbiamo fare qualcosa. Cominciamo da un gesto semplice, facciamo uscire il prossimo numero delle principali e diffuse riviste italiane: Prospettive in Pediatria e Medico e Bambino, Quaderni ACP e le altre, listate a lutto, spiegandone il motivo e raccogliendo suggerimenti e idee per continuare a ricordare questo piccolo innocente sconosciuto martire. Forse, riusciremo a ridurre di un briciolo la violenza che ogni giorno migliaia di sconosciuti bambini subiscono; lo dico cosciente dell’ingenuità e del rischio di retorica, ma l’informazione e il mantenere alta l’attenzione su questi problemi sono i pochi mezzi di cui disponiamo.

Rossano M. Rezzonico
Pediatra ospedaliero, Lainate (Milano)