venerdì 31 dicembre 2010

Mucolitici controindicati nei bambini al di sotto dei 2 anni: la nota dell'AIFA


Riportiamo per esteso l'importante nota dell'AIFA che riguarda la controindicazione all'utilizzo dei mucolitici nei bambini al di sotto dei 2 anni di età


Gentile Dottoressa, Gentile Dottore,

l’Ufficio di Farmacovigilanza dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha condotto una revisione di sicurezza dell’intera classe dei mucolitici per uso orale e rettale.

I principi attivi coinvolti sono stati: acetilcisteina, carbocisteina, ambroxolo, bromexina, sobrerolo, neltenexina, erdosteina e telmesteina, contenuti in numerosi medicinali che sono per la maggior parte dispensabili senza obbligo di ricetta.

Questi farmaci hanno attività mucolitica e fluidificante e sono per lo più prescritti, o somministrati dal genitore, nel trattamento delle affezioni acute e croniche dell’apparato respiratorio.
Un’analisi dei dati francesi di farmacovigilanza ha messo in evidenza un aumento dei casi di ostruzione respiratoria e di peggioramento di patologie respiratorie nei bambini di età inferiore a 2 anni trattati con i mucolitici. Infatti, la capacità di drenaggio del muco bronchiale è limitata in questa fascia d’età, a causa delle caratteristiche fisiologiche delle vie respiratorie.
Le reazioni avverse segnalate si sono verificate principalmente a carico dell’apparato respiratorio (peggioramento di bronchiolite, aumento di tosse, aumento di secrezioni bronchiali, dispnea, difficoltà respiratoria, vomito viscoso), sono state per la maggior parte gravi e hanno richiesto l’ospedalizzazione. Il rischio di tali reazioni avverse e l’assenza di dati pediatrici di efficacia nelle patologie bronchiali acute, ha condotto la Francia a controindicare l’impiego dei mucolitici nei bambini al di sotto dei 2 anni di età.

L’AIFA, dopo aver revisionato i dati di sicurezza dei mucolitici disponibili sul territorio nazionale, a fronte di scarsi dati a supporto dell’efficacia di tali farmaci nei bambini di età al di sotto dei 2 anni e sulla base dei dati francesi, ha adottato un provvedimento restrittivo, attualmente in fase di implementazione, per vietare l’uso dei mucolitici, per uso orale e rettale, nei bambini al di sotto dei 2 anni.
Tale provvedimento comporta l’introduzione nei Riassunti delle Caratteristiche del Prodotto e nei Fogli Illustrativi delle seguenti modifiche:

- controindicazione all’uso nei bambini di età inferiore ai 2 anni;

- avvertenza sul rischio di ostruzione bronchiale nei bambini di età inferiore ai 2 anni;

- inserimento del termine “ostruzione bronchiale” nel paragrafo “Effetti indesiderati”, qualora la segnalazione di tale reazione avversa sia stata riportata.

Il paragrafo “Posologia e modo di somministrazione” sarà aggiornato di conseguenza, laddove necessario.
Si precisa che la controindicazione non riguarda l’uso antidotico dei medicinali contenenti acetilcisteina.
A seguito dell’introduzione della controindicazione, le confezioni a base di sobrerolo e ambroxolo, esclusivamente dedicate ai bambini di età inferiore a 2 anni, sono soggette alla revoca.

Si ritiene pertanto necessario richiamare l’attenzione dei medici di medicina generale, pediatri e farmacisti raccomandando loro quanto segue:

- i mucolitici vanno prescritti/consigliati sempre previa attenta valutazione del rapporto beneficio/rischio di ogni singolo paziente e comunque mai nei bambini al di sotto dei 2 anni di età;

- di informare/educare i genitori in merito alla corretta gestione della tosse, all’uso appropriato dei mucolitici e alla disponibilità di alternative terapeutiche nei bambini;

- ai farmacisti di far presente i possibili rischi e la controindicazione al di sotto dei 2 anni al genitore che richieda un mucolitico, onde evitare un uso improprio nei bambini di quella fascia d’età.

L’AIFA coglie l’occasione per ricordare a tutti i medici e ai farmacisti l’importanza della segnalazione delle sospette reazioni avverse da farmaci, quale strumento indispensabile per confermare un rapporto beneficio rischio favorevole nelle reali condizioni di impiego.
La presente Nota Informativa viene anche pubblicata sul sito dell’AIFA, la cui consultazione regolare è raccomandata per la migliore informazione professionale e di servizio al cittadino.

Questa Nota Informativa, preparata dall’AIFA, riguarda tutti i medicinali, per uso orale e rettale, contenenti acetilcisteina, carbocisteina, ambroxolo, bromexina, sobrerolo, neltenexina, erdosteina e telmesteina, indipendentemente dalla loro modalità di dispensazione ed è stata distribuita da dall’Associazione Nazionale dell’Industria Farmaceutica dell’Automedicazione (ANIFA), da Assogenerici e da Farmindustria.

L’Ufficio di Farmacovigilanza dell’Agenzia Italiana del Farmaco

martedì 14 dicembre 2010

Ridi che ti passa. La ricerca scientifica fra sorrisi e pianti

Mentre agli inizi di ottobre a Stoccolma venivano assegnati i premi Nobel, all’Università di Harvard si svolgeva la cerimonia degli IgNobel, soprannominati “i Nobel dell’assurdo”. Ogni anno – dal 1991 a questa parte – la Improbable Research con la omonima rivista Annals of Improbable Research assegnano un riconoscimento a quei ricercatori che con le loro pubblicazioni “prima fanno ridere e poi pensare” per “celebrare l’inusuale, onorare l’immaginazione e stimolare l’interesse della gente alla scienza, alla medicina e alla tecnologia”. Quest’anno il premio IgNobel per la medicina è andato a due olandesi, Simon Rietveld e Ilja van Beest, che hanno scoperto che i sintomi dell’asma possono essere trattati con le montagne russe. Sembrerebbe lo scherzo di un buontempone, eppure è proprio vero. Digitare su Pubmed per credere. : Rietveld S, van Beest I. Rollercoaster asthma: when positive emotional stress interferes with dyspnea perception. Behav Res Ther. 2007;45:977-87. Il tutto sembra ancora più assurdo se si pensa che questa ricerca (condotta su 25 donne con asma severo e ovviamente un gruppo controllo di 15 soggetti) è stata finanziata da ben due organismi, la Netherlands Asthma Foundation e la Netherlands Organization for Scientific Research. Giusto per curiosità, in questo studio lo stress era indotto con ripetuti giri sulle montagne russe. I risultati hanno mostrato che lo stress emotivo negativo e la pressione sanguigna hanno raggiunto il loro picco poco prima della corsa sulle montagne russe, mentre lo stress emotivo positivo e la frequenza cardiaca subito dopo. Inoltre “la dispnea nelle donne con asma era superiore poco prima della corsa rispetto a subito dopo, anche nei soggetti in cui vi era una riduzione della funzione polmonare indotta proprio dalle montagne russe”. Gli Autori concludono che “i soggetti affetti da asma cronica se stressati e stimolati tendono a percepire la dispnea in termini di associazioni acquisite, familiari tra dispnea e stati d'animo positivi ovvero negativi, favorendo o una sotto-percezione o una sovra-percezione della dispnea, a seconda della valenza emotiva di una situazione”. Tradotto in parole semplici: se a un asmatico piacciono le montagne russe, tutto il suo corpo si dimentica un po’ della sua dispnea…

Gianluca Tornese
Clinica Pediatrica
IRCCS “Burlo Garofolo”, Trieste

Leggi l'editoriale completo pubblicato sul numero di Dicembre di Medico e Bambino
Ridi che ti passa. La ricerca scientifica fra sorrisi e pianti

Vedi anche: Improbale research


domenica 5 dicembre 2010

I medici in pensione nei prossimi 10 anni


Circa 4 medici su 10, nei prossimi dieci anni, andranno in pensione. A svestire il camice bianco saranno infatti 115 mila medici, oggi compresi nella fascia di età tra i 51 e i 59 anni, ovvero il 38% di tutta la popolazione medica attiva. Tra questi sono compresi il 48% dei medici dipendenti dei servizi sanitari regionali e Università, il 62% dei medici di famiglia, il 58% dei pediatri di libera scelta, il 55% degli specialisti convenzionati.

A scattare la fotografia è la Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), nel corso della II Conferenza nazionale della professione medica, oggi a Roma.Secondo la Fnomceo, dall'analisi dei dati emerge chiaro un aspetto: "la formazione dei futuri camici bianchi è una vera emergenza, per la quale serve un progetto ad hoc, efficace, che richiede innanzitutto una maggiore connettività e flessibilità nelle relazioni e nelle 'regole di ingaggio' tra le Facoltà di medicina e le strutture pubbliche e private accreditate dei Servizi sanitari regionali". Un progetto a cui la Fnomceo sta lavorando, per mettere i nuovi professionisti al 'passo dei tempi'. "Il nuovo medico - spiega Bianco - in ragione degli sviluppi straordinari della medicina come scienza tecnologica, ha bisogno di più strumenti per poter gestire queste straordinarie risorse. Che sono costose e che presentano una serie di problemi, come quello dell'appropriatezza del loro utilizzo". Per il presidente della Fnomceo, questo scenario, pone a cascata una serie di altri problemi: "la selezione degli accessi, i contenuti formativi, la formazione degli specialisti. Ecco perchè - spiega - faremo tutta una serie di proposte, che a nostro giudizio ridefiniscono un modello di formazione che vede una forte integrazione tra l'attività storica dell'università e l'attività formativa del Ssn". Università e Ssn che, per Bianco, "devono vivere un momento di forte cooperazione per superare l'emergenza nella qualità".

Il progetto della Fnomceo si fonda su un processo continuo e integrato che parte dall'accesso agli studi di medicina al termine dell'attività professionale. "Deve misurarsi - sottolinea Bianco - non solo con l'evoluzione dei saperi tecnico-scientifici, ma anche con le nuove definizioni, i nuovi orizzonti e le diverse legittimazioni culturali e civili che costantemente ridisegnano gli scopi della medicina e della sanità".

Non solo formazione universitaria, quindi, ma anche formazione continua post laurea. "Nel nostro sistema - spiega Bianco - è purtroppo in forte ritardo una cultura della promozione e della valutazione della qualità dei professionisti e dei servizi. Una criticità che sarebbe sbagliato e controproducente pensare di risolvere affrontandola dalla coda attraverso l'esclusivo potenziamento di modelli burocratici, inquisitori e sanzionatori di controllo".

Per la Fnomceo, per formare i medici del futuro, un ruolo fondamentale deve essere svolto dalle Società medico scientifiche. "Realizzando al più presto - spiega il presidente Bianco - un modello di accreditamento istituzionale, così da garantire il loro riconoscimento in ruoli di interlocutori stabili, affidabili e autorevoli delle istituzioni sanitarie". Per Bianco, "lo stesso nuovo sistema di Educazione continua in medicina (Ecm) può, in prospettiva, offrire al bisogno di formazione continua dei medici e di tutti i professionisti sanitari non un frammentato e disorganico universo di soggetti a vocazione formativa, non sempre trasparenti, efficaci ed indipendenti, ma solo provider in grado di garantire lo sviluppo e la continuità di un sistema formativo affidabile e calibrato sulle esigenze dei singoli professionisti e delle organizzazioni nelle quali operano".

Fonte: Adnkronos Salute

sabato 4 dicembre 2010

Raccomandazioni del Working Group Pediatrico dell'AIFA sull'uso dei Fans



Nell’ambito dell’attività di monitoraggio delle segnalazioni di sospette reazioni avverse negli ultimi anni, si evince un progressivo incremento del numero di segnalazioni di sospette Reazioni Avverse ad antinfiammatori non steroidei in età pediatrica

Il Working Group Pediatrico dell'AIFA ha approfondito l’argomento e ha emesso Raccomandazioni in merito.

Vedi l'articolo ad accesso libero pubblicato sul numero di dicembre di Medico e Bambino

Cautele sull’uso dei FANS nei bambini
Working Group Pediatrico dell’AIFA
Medico e Bambino 2010;29;654-6

lunedì 29 novembre 2010

Dalla Pagina Gialla di Medico e Bambino: Paracetamolo e rischio di asma: era una bufala (?)

Recenti studi, in particolare lo studio multicentrico dell’ISAAC (Beasley R, et al. Lancet 2008;372:1039-48), hanno suggerito che l’utilizzo del paracetamolo nelle prime epoche della vita sia associato a un aumento del rischio di asma e di allergie nel bambino di sei-sette anni. Questa ipotesi è giustificabile anche sul piano biologico per il fatto che il paracetamolo può aumentare la flogosi respiratoria attraverso il consumo di glutatione (e il conseguente peggioramento dello stress ossidativo) e sembra anche in grado di dirottare la risposta immunologica in senso TH2. Lo studio ISAAC, peraltro, come tutti gli altri che hanno documentato una relazione tra uso di paracetamolo e successivo rischio di asma, ha le debolezze di ogni studio retrospettivo; non prende in considerazione il fatto che il paracetamolo è spesso utilizzato durante le infezioni respiratorie che possono di per sé essere associate a un rischio di asma e, in particolare, non valuta se esiste una relazione dose-effetto tra esposizione al paracetamolo e asma.

In uno studio prospettico australiano (Lowe AJ, et al. BMJ 2010;341:c4616) in cui 652 bambini sono stati seguiti dalla nascita fino a sette anni e le cui famiglie sono state intervistate 18 volte nei primi due anni di vita del bambino relativamente all’utilizzo di paracetamolo e al contesto clinico in cui il farmaco era stato utilizzato, viene negato che l’utilizzo del paracetamolo nei primi due anni di vita costituisca un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di asma e malattie allergiche nel bambino. Infatti, l’aumento assoluto del rischio di asma che appare dall’analisi dei dati grezzi scompare quando il risultato viene aggiustato, tenendo conto della frequenza delle infezioni respiratorie. L’utilizzo del paracetamolo al di fuori delle infezioni respiratorie non appare correlato al rischio di asma e, anche all’interno del gruppo che ha assunto il paracetamolo per infezioni respiratorie, non è documentabile una relazione dose-dipendente tra assunzione di paracetamolo e sviluppo di asma. Liberi!

Tratto da:
La pagina gialla Medico e Bambino 9/2010
a cura di Alessandro Ventura

giovedì 18 novembre 2010

“Antibiotici, difendi la tua difesa. Usali con cautela”

Al via la campagna di sensibilizzazione dei cittadini sull’uso corretto dei medicinali. Condotta dalla AIFA in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità si concluderà a gennaio 2011.

Affamati di antibiotici. Gli italiani spendono oltre un miliardo di euro l’anno (1037 milioni) in farmaci battericidi. Un costo che quasi per metà è inutile, e un consumo pro capite che li pone al terzo posto in Europa preceduti solamente dai greci e dai ciprioti e al primo per il più alto tasso antibioticoresistenza.

L’allarme è stato lanciato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) che ha presentato uno studio in occasione dell’avvio della campagna di comunicazione “Antibiotici, difendi la tua difesa. Usali con cautela”, volta a sensibilizzare i cittadini su l’uso corretto di questi medicinali, in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità e con il patrocinio del Ministero della Salute.

Le differenze regionali- Nel 2009 l’eccesso di spesa evitabile legato alla somministrazione e ai costi non appropriati degli antibiotici ha toccato quota 413,1 milioni di euro, con la Campania, la Puglia e la Sicilia che insieme determinano quasi il 60 per cento di tutto il surplus di consumi in Italia. L’Aifa ha infatti calcolato che se tutte le regioni si allineassero al consumo medio di quelle più virtuose (Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Veneto e Valle D’Aosta) con 17,25 dosi medie giornaliere ogni mille abitanti, si potrebbe ottenere un risparmio quantificato in 316,6 milioni di euro. Mentre se il costo per dose media giornaliera divenisse in tutte le regioni pari a quello della Lombardia (1,66 euro) si otterrebbe un risparmio di 155,8 milioni di euro.

Dunque, il risparmio complessivo che potrebbe derivare dall’effetto congiunto di una maggiore appropriatezza dei consumi e della riduzione dei costi è di 413,1 milioni di euro, pari al 3,7 per cento della spesa farmaceutica convenzionata nel 2009. A livello di singola regione, spiega ancora lo studio dell’Aifa, il risparmio ottenibile «inciderebbe considerevolmente sul valore dello sfondamento della loro spesa: nel Lazio per il 29 per cento, in Puglia per il 43 per cento e in Sardegna per il 20».

Il problema della resistenza-Oltre al capitolo legato ai costi, ci sono ragioni che incidono strettamente sulla salute dei cittadini. Alcuni germi patogeni importanti, ha spiegato il dg dell’Aifa, Guido Rasi, hanno già sviluppato livelli di antibiotico-resistenza che arrivano quasi al 100 per cento. Un esempio di questo fenomeno, ha ricordato a sua volta l’immunologo e capo dipartimento Malattie infettive dell’Iss, Gianni Rezza, «è il nuovo “superbatterio” Ndm-1 (New Delhi Metallo-beta-lactamase-1) che dal subcontinente indiano è arrivato anche in Europa, in particolare nel Regno Unito, mentre in Italia ci sono stati un paio di casi».

Il dato di prescizione e l'utilizzo razionale- Giova ricordare, poi, che i motivi più frequenti di prescrizione di antibiotici sono le malattie dell’apparato respiratorio (40,8 per cento), seguite da quelle dell’apparato genitourinario (18,4) e dell’apparato digerente (13,6). Nel dettaglio il maggior impiego risulta per la cistite (9,9 per cento), la faringite (8,3 per cento), la bronchite acuta (5,7 per cento). Nel 2009 il 44 per cento dei cittadini, il 53 per cento dei bambini e il 50 per cento degli anziani ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici, e il 15 per cento degli anziani più di sei.

«È necessario che i cittadini capiscano che gli antibiotici vanno assunti nelle modalità indicate dal medico e solo se è il medico a prescriverli, dopo averne accertato la necessità - spiega Guido Rasi, direttore generale dell’Aifa -. La sospensione precoce della terapia è tra le principali cause di sviluppo delle resistenze, poiché uccide i batteri più deboli e "seleziona" quelli più forti. Per questo bisogna evitare il fai da te. Raffreddore o influenza, per esempio, non rientrano tra le cause per cui sono indicati gli antibiotici, anzi assumerli in questi casi mette a rischio la salute favorendo lo sviluppo di germi resistenti. Dobbiamo impegnarci a far capire ai medici e alle persone comuni che stiamo rischiando di non avere più a disposizione farmaci efficaci per curare malattie che oggi non rappresentano più un pericolo ma che potrebbero diventarlo».

Le reazioni avverse-C’è infine un altro aspetto legato all’uso improprio degli antibiotici (spesso quelli che non sono stati utilizzati perché non é stato concluso un altro ciclo di cure), vale a dire quello che determina le reazioni avverse. Secondo i dati forniti dall’Aifa, i casi nel 2009 in Italia sono stati 1.643. Tra il 2002 e il 2009 ci sono state 8.833 segnalazioni. Episodi che hanno causato anche numerose vittime: ben 118 negli otto anni di monitoraggio.

Il numero di Novembre di Medico e Bambino riporta una serie di articolo sull'uso razionale della terapia antibiotica in età pediatrica:




Leucemia linfoblastica acuta: siglato dall'AIEOP il nuovo protocollo internazionale


Siglato da otto diversi Paesi un protocollo per la cura e la terapia della leucemia linfoblastica acuta. Come sottolinea Fulvio Porta, presidente dell’ AIEOP: “Permetterà una diagnosi centralizzata. Oltre l’80% dei casi guarisce, ma la malattia è in aumento”

La leucemia infoblastica acuta rappresenta il 30% di tutti i tumori dei bambini e l’80% delle leucemie. Il picco di incidenza si registra tra i bambini di 4 anni e nelle bambine di 2 anni; quasi i due terzi dei casi riguardano piccoli tra i 2 e 6 anni.

I pediatri oncologi italiani siglano il nuovo protocollo internazionale della leucemia linfoblastica acuta dell'eta' pediatrica. Fulvio Porta, presidente dell'Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica (Aieop), spiega: "Italia, Germania, Austria, Svizzera, Repubblica Ceca, Israele, Australia, Nuova Zelanda si alleano per la guarigione dei bambini leucemici con un identico protocollo di terapia. Verranno in tal modo applicate le piu' recenti acquisizioni derivate dalla ricerca condotta sia in Italia sia nella comunita' scientifica internazionale". Per la difficolta' e complessita' della valutazione diagnostica e prognostica, la scelta di protocolli di trattamento uniformi e' particolarmente importante. "Anche se la malattia e' in aumento - prosegue Porta - oggi oltre l'80% dei piccoli raggiunge la guarigione". Il nuovo programma di cura internazionale, che trattera' 1.000 nuovi casi all'anno (350 in Italia) offre nuove speranze ai bambini leucemici di essere curati con la miglior terapia attualmente disponibile.
In particolare, a tutti i bambini colpiti da leucemia linfoblastica acuta, trattati nei centri italiani dell'Aieop, verra' offerta una diagnosi centralizzata e lo studio della cosiddetta malattia residua minima (valutazione di una cellula leucemica su 10.000 globuli bianchi).




domenica 14 novembre 2010

BNF for children: un prontuario farmaceutico a servizio dei pediatri


Il BMJ, British Medical Journal in collaborazione con RPSGB, Royal Pharmaceutical Society of Great Britain, Pharmaceutical Press pubblica le serie British National Formulary (semestrale)
e il BNF for Children (annuale).

Pubblicato sotto l'autorità del Paediatric Formulary Committe, il BNF for Children (BNFC) fornisce informazione essenziale e pratica ai professionisti coinvolti nella prescrizione, dispensazione, monitoraggio e gestione dei farmaci in pediatria. Aiuta nell'uso sicuro, efficace ed appropriato dei medicinali nel trattamento della salute infantile.

In realtà il BNF for children, manuale, in forma quasi tascabile, è molto di più di un prontuario farmaceutico utile per una guida sicura all'uso dei farmaci per i bambini. E' uno strumento di comunicazione soprattutto pratica ma anche culturale. Ogni farmaco viene inquadrato in un ambito più complessivo di utilizzo e all'interno dei paragrafi che riguardano le indicazioni di uso, i possibili effetti collaterali, i dosaggi schematici per fasce di età (di una utilità pratica che non ha eguali), si raccoglie la sintesi (aggiornata annualmente) di quelle che sono le evidenze della letteratura per un corretto utilizzo dei farmaci in età pediatrica.

In Italia nel 2003 è stata pubblicata la Guida all'uso dei farmaci nei bambini. Si è trattato di una esperienza unica nel suo genere, ripresa proprio dal formulario britannico ed adattata alla realtà italiana. Andrebbe aggiornata, implementata, sapendo ad esempio che in Inghilterra l'aggiornamento del Prontuario avviene ogni anno. Ma l'impressione è che siamo lontani da questa prospettiva.

La presentazione del BNF for children risponde in primo luogo ad un obiettivo di informazione. Magari immaginando che la prescrizione, secondo le indicazioni riportate nel prontuario, ci rende molto vicini a quello che fanno i colleghi inglesi o di un altra Nazione. Perchè di fatto il BNF for children stà assumendo una valenza sempre di più europea (il prontuario è disponibile anche in alcune librerie italiane ed è possibile consultarlo on line), sognando di avere, nel prossimo futuro, un Prontuario Europeo per la prescrizione dei farmaci nei bambini.

Medico e Bambino si ripromette di riportare suoi prossimi numeri della rivista elettronica alcune schede di farmaci, così come sono proposte nel BNF for children. Come esempio di comunicazione "internazionale".

Federico Marchetti

Conflitto di interesse: nessuno



giovedì 11 novembre 2010

"Medici, non smettete di ragionare"

I medici della prossima generazione come ragioneranno, con quali processi mentali arriveranno a formulare una diagnosi, a prescrivere una terapia? Se lo chiede sul Lancet Jerome Kassirer, l'ex direttore del New England Journal of Medicine. Il suo timore è che la facilità di accesso a risposte preconfezionate a quesiti clinici, la disponibilità di linee guida, revisioni sistematiche, abstract commentati possano avere degli effetti indesiderati. "In medicina il ragionamento richiede una enorme conoscenza di fatti sulla salute e sulla malattia, in materia di fisiologia, di benefici e rischi legati ai test e ai trattamenti".

"Non basta", continua Kassirer, "aver imparato a risolvere problemi e a prendere decisioni, e non basta neanche sapere trovare informazioni; è anche necessario ricordare le informazioni e sapere come usarle. Dobbiamo evitare di produrre professionisti dipendenti da superficiali riassunti elettronici, formule opache e pareri di esperti. Devono essere in grado di ragionare in modo autonomo."

Timori fondati: le nuove tecnologie stanno provocando profondi cambiamenti nel modo in cui ci concentriamo, riflettiamo ed elaboriamo le informazioni. Compito di chi si dedica alla formazione è vigilare e aiutare le nuove generazioni a trovare il giusto equilibrio, a saper sfruttare le potenzialità dei nuovi media senza perdere di vista le dimensioni della complessità e della profondità.

Sono temi di grande attualità, in fondo quel che dice Kassirer è che, nel ragionamento clinico, vecchio e nuovo devono arrivare a una nuova sintesi. Temi che fanno parte di un dibattito culturale più ampio (e complesso), sul quale si sono confrontati recentemente, per esempio, Alessandro Baricco e Eugenio Scalfari, parlando di nuovi barbari, superficialità, leggerezza, complessità e profondità.

"I barbari, quelli che tu ed io vediamo come un'incombente realtà - scrive Scalfari a Baricco - sono ancora alla ricerca del futuro; gli imbarbariti stanno devastando il presente e contro di loro noi dobbiamo combattere per preservare il deposito dei valori che la modernità ha accumulato e dei quali l'epoca futura potrà usufruire quando avrà finalmente raggiunto la sua plenitudine e la sua autocoscienza. Io non credo nella contrapposizione tra profondità e superficialità come una conquista e un avanzamento."

E chissà cosa avrebbe detto Calvino, che alla leggerezza ha dedicato uno splendido saggio…

Fonti: Kassirer JP. Does instant access to compiled information undermine clinical cognition? Lancet, 2010; 376: 1510-1.
Scalfari E. I barbari non ci leveranno la nostra profondità. La Repubblica, 2 settembre 2010

A cura di: Il Pensiero Scientifico Editore

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giovedì 4 novembre 2010

Lo sviluppo del gusto nel bambino


Un articolo di grande interesse pubblicato sul numero di Ottobre di Medico e Bambino riguarda lo sviluppo del gusto nel bambino.

Molto spesso ci chiediamo perchè un bambino e poi un adulto hanno preferenza per alcuni cibi rifiutandone altri. La risposta sino a questo momento era basata più su congetture, ipotesi di abitudini viziate, di "fissazioni", di colpevolizzazioni.
L'articolo di Luigi Greco e Gabriella Morini ci apre strade nuove, in primo luogo conoscitive, ma anche pratiche, per le interpretazioni che possono essere fornite ai genitori e per i consigli che riguardano in particolare il periodo dello svezzamento. Rafforzano l'idea che lo svezzamento è un momento di fronte al quale qualsiasi rigidità, qualsiasi schema preconfezionato può essere non solo poco utile ma anche controproducente. E questo per diversi motivi e tra questi "l'apprendimento" del gusto, che ha indubbie basi genetiche, come ci ricorda Paolo Gasparini, dell'IRCCS Burlo Garofolo di Trieste nel suo editoriale che accompagna l'articolo, ma che può essere in parte modificato.

Come per tutto, il gusto, la scelta di un alimento piuttosto che di un altro, è legato per la metà circa alla genetica, per l’altra metà all’ambiente: nel caso particolare, all’abitudine, e specialmente alle abitudini precoci, gestazione, allattamento, svezzamento. Si tratta di un primo approccio, insieme scientifico e antropologico, alla scienza dell’alimentazione applicata al bambino.

Questi i messaggi chiave che si possono ricavare dalla lettura del lavoro:

  1. I gusti sono 5: dolce, salato, amaro, acido e umami. Quest’ultimo è un gusto particolare, individuato di recente, associato al L-glutammato.
  2. Ciascuno di questi gusti ha una sua spiegazione funzionale, ed è stato elaborato dall’evoluzione in funzione di precisi benefici per l’individuo e per la specie.
  3. Il sistema sensoriale è comune per i diversi gusti e si basa su recettori specifici, presenti in tutte le cellule gustative.
  4. La tendenza del gusto è diversa nei bambini (più semplice, orientata soprattutto al dolce e ai grassi) che negli adulti (che accettano di più le sfumature amare e che mostrano di avere gusti meno definiti). Queste differenze sono dovute all’apprendimento.
  5. Il lattante preferisce gli alimenti che già ha gustato attraverso il liquido amniotico e poi attraverso il latte materno; l’assunzione delle pappe vegetali è più facile nei bambini allattati al seno che in quelli allattati al poppatoio.
  6. Una forzatura della neofobia (il rifiuto del nuovo, cioè delle prime pappe) produce un rifiuto stabile. Ogni nuovo alimento deve essere fornito con pazienza, a piccole quantità per volta, in 7-8 occasioni, e condiviso in parte con la mamma che, assaggiando il cibo, rassicura il bambino.

Cosa può consigliare il pediatra, cosa possono fare i genitori?
Dicono Greco e Morini:
esposizione, specie nelle epoche precocissime prenatali, durante l’allattamento al seno, ma in particolare allo svezzamento. Ad esempio, il fattore predittivo più forte del consumo di frutta e vegetali da parte del bambino è il consumo di frutta e vegetali dei suoi genitori e dei suoi fratelli. Tradizionalmente la mamma assaggia un poco di pappa del bambino per incoraggiarlo Questo rafforza l’accettazione dell’alimento;
gratificazione: l’offerta ripetuta del cibo che è stato accettato rafforza le successive scelte dello stesso cibo. Al contrario, se si gratifica con “un cibo più buono” l’accettazione di un determinato alimento, questa gratificazione tende a screditare la scelta dell’alimento per cui si è dato il premio. Non bisogna distrarre il bambino con gratificazioni o distrazioni non alimentari: hanno un effetto contrario a quello desiderato.

Per approfondire:

Greco L, Morini G. Lo sviluppo del gusto nel bambino. Medico e Bambino 2010;29:509-513

Gasparini P. Sviluppo del gusto nel bambino: tra genetica e ambiente. Medico e Bambino 2010;29:483-484

Articoli correlati sullo svezzamento:

Piermarini L. Alimentazione complementare a richiesta: oltre lo svezzamento. Medico e Bambino 2006;25:439-422

martedì 2 novembre 2010

Normativa sul benzo(a)pirene: appello al Consiglio dei Ministri dell'ACP, SIP e FIMP per i bambini di Taranto











Al Consiglio dei Ministri
Al Ministro per le Politiche Europee, On. Andrea Ronchi
Al Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, On. Stefania Prestigiacomo
Al Ministro della Salute, On. Ferruccio Fazio
Al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, On. Altero Matteoli
Al Ministro dello Sviluppo Economico, On. Silvio Berlusconi
Al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, On. Giancarlo Galan
Al Ministro degli Affari Esteri, On. Franco Frattini
Al Ministro della Giustizia, On. Angelino Alfano
Al Ministro dell’Economia e delle Finanze, On. Giulio Tremonti
Al Ministro per i Rapporti con le Regioni e per la coesione territoriale, On. Raffaele Fitto

E per conoscenza a:
Tutti i deputati del Parlamento Italiano
Tutti i deputati italiani al Parlamento Europeo
Agenzie di stampa

2 novembre 2010

Stupisce molto avere appreso che il nostro Governo il 13.8.2010 con il Decreto Legislativo n. 155 abbia spostato al 31 dicembre 2012 il divieto di superamento del livello di 1 nanogrammo a metro cubo per il benzo(a)pirene. Tale divieto era in vigore dal 1‐1‐1999 per le aree urbane sopra 150.000 abitanti.
Stupisce perché i danni, anche severi e irreversibili, sulla salute umana e dei bambini in particolare, conseguenti all’esposizione a sostanze chimiche sono oramai noti e documentati da ampia letteratura scientifica. L’impegno prioritario dei Governi pertanto è quello di controllare e ridurre quanto possibile l’immissione di sostanze tossiche nell’ambiente. Molto in questo senso è ancora da fare, ma molto è stato fatto grazie alla normativa europea e anche italiana a dimostrazione di una costante e doverosa attenzione dei Governi al problema.
Tale Decreto Legislativo di fatto mantiene ancora per 2 anni i cittadini italiani al rischio di esposizione a livelli elevati di questo pericolosissimo inquinante, svincolando le aziende inquinanti dall’obbligo di abbattere le emissioni in eccesso.
In particolare, mantiene in questa inaccettabile situazione di rischio i cittadini ed i bambini di Taranto, città in cui l’acciaieria più grande d’Europa, l’ILVA, immetterebbe, secondo i calcoli dell’ARPA Puglia, il 98% del benzo(a)pirene presente nel quartiere più vicino.
Desta preoccupazione inoltre osservare che, ai sensi del Decreto Legge, il valore obiettivo, 1 nanogrammo al metro cubo, anche dopo la data indicata, dovrà essere osservato purché ciò non comporti “costi sproporzionati”.
E’ compito della comunità scientifica porre all’attenzione del Governo i “costi umani” dovuti all’esposizione al benzo(a)pirene che, come recita la direttiva 2004/107/CE del Parlamento europeo, è agente cancerogeno genotossico. Ci preme inoltre ricordare che la letteratura scientifica dimostra che l’esposizione in gravidanza ad elevati livelli di benzo(a)pirene comporti il rischio di ridurre il Quoziente Intellettivo del neonato, aumenti il rischio di malattie respiratorie del bambino e, poiché il feto può essere fino a 10 volte più suscettibile al danno del DNA, possa tramite esposizione prenatale incrementare molto il rischio cancerogeno.
Si chiede pertanto, in considerazione dei rischi per la salute sproporzionati ed inaccettabili derivanti dall’esposizione a livelli elevati di tale agente cancerogeno, che il Governo riveda le sue decisioni con la massima urgenza e ripristini integralmente la precedente normativa sul benzo(a)pirene.

In attesa di un Vostro riscontro, porgiamo distinti saluti.

Per l’Associazione Culturale Pediatri (ACP)
Paolo Siani – Presidente,
Annamaria Moschetti – Referente regionale ACP per la Puglia e la Basilicata

Per la Società Italiana di Pediatria (SIP)
Alberto Ugazio – Presidente

Per la Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP)
Giuseppe Mele – Presidente

domenica 31 ottobre 2010

Cure primarie in Pediatria: la situazione in Europa

Per richiamare l’attenzione sull’importanza delle cure primarie l’OMS ha di recente lanciato lo slogan Primary health care -Now more than ever (The world health report. WHO, 2008). Se da un lato sembra ovvio che la figura di riferimento delle cure primarie in età pediatrica debba essere il pediatra (Cheng TC. Pediatrics 2004;113:1802-9), risultati soddisfacenti in termine di indicatori di salute pediatrica sono stati ottenuti anche in alcuni Paesi che escludono il pediatra dalle cure primarie (Katz M, et al. Pediatrics 2002;1098:788-96). Laddove è il medico di famiglia a occuparsi in prima battuta del bambino il dibattito è aperto su quanta pediatria il medico sappia effettivamente, sulle sue capacità di selezionare correttamente i bambini da inviare in ospedale e sulla scarsa garanzia data da questo sistema in termini di azione preventiva. Nei Paesi in cui le cure primarie ai bambini sono erogate da specialisti pediatri si teme invece che l’accesso non selezionato e diretto allo specialista pediatra produca un eccesso di intervento non necessario (costoso e potenzialmente dannoso) e che in prospettiva il numero degli specialisti pediatri non sarà più sufficiente (Stephenson T, et al. Arch Dis Child 2010;95:767-8).

Uno studio sponsorizzato dalla European Academy of Paediatrics e che riguarda 29 Paesi fa la fotografia della organizzazione delle cure primarie pediatriche in Europa (Van Esso D, et al. Arch Dis Child 2010;95:791-5, vedi anche la traduzione italiana riportata sul sito di M&B). Le cose variano considerevolmente da Paese a Paese, a partire dal fatto che la stessa età pediatrica è considerata in maniera differente (0-14 una metà, 0-18 o 0-19 l’altra metà). I Paesi in cui le cure primarie pediatriche sono affidate in prima battuta al pediatra sono solo 7 (Israele, Cechia, Slovacchia, Grecia, Cipro, Spagna, Slovenia) e sono in netto calo (dal 35% al 23%) rispetto a una indagine di una decina di anni fa (Katz M. Pediatrics 2002;109:788- 96). Cala anche la quota di Paesi (dal 47% al 35%) che hanno un sistema misto (tra questi viene messa l’Italia) in cui le cure primarie pediatriche sono svolte dal pediatra ma in cui è possibile anche una scelta individuale diversa da parte della famiglia o c’è un approccio differente in ragione della tipologia dell’intervento (preventivo o clinico terapeutico).
Salgono invece i Paesi in cui le cure primarie pediatriche passano attraverso il filtro del medico di medicina generale/medico di famiglia (dal 18% al 41%). In questi stessi Paesi la formazione pediatrica del medico di medicina generale/medico di famiglia dura mediamente soltanto 4 mesi.

Si tratta forse di un lavoro poco utile per tirare delle conclusioni: ha infatti l’oggettivo limite di non offrire alcun elemento utile a valutare la resa dei modelli adottati nei diversi Paesi in termini concreti di salute dei bambini. Ma sembra comunque un lavoro da leggere, una base di partenza per riflettere in un momento di grande incertezza e di crisi di identità della pediatria.

Dalla Pagina Gialla di Medico e Bambino, Ottobre 2010



venerdì 29 ottobre 2010

La cura e la prevenzione dell'obesità del bambino: prove di sperimentazione

Il cuore centrale del numero della rivista elettronica di Medico e Bambino di ottobre è sull'obesità, con proposte di lavoro per affrontare questo rilevante problema di salute pubblica, che hanno aspetti sicuramente interessanti e innovativi: con la "Ricerca" sui risultati preliminari di un progetto di fattibilità sulla formazione dei pediatri che viene dall'esperienza di Ferrara; con la presentazione del "Protocollo di studio" sulla prevenzione dell'obesità nei bambini tra 0-6 anni (basato su interventi evidence based), a cura della Gruppo di Lavoro sull'Obesità della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS).

Un invito alla lettura e a specifici commenti.

Qui di seguito i 10 interventi di prevenzione proposti nel Protocollo di studio "Mi voglio bene"

Le 10 azioni preventive con i relativi indicatori

Azione
Indicatore

1
Allattare al seno
almeno 6 mesi

2
Svezzamento
Introduzione cibi complementari
dopo i 6 mesi

3
Apporto proteico
Controllato (in particolare nei
primi 2 anni)

4
Bevande caloriche
Evitare succhi, tisane, soft drinks,
thè, ecc.

5
Biberon
Da sospendere entro i 24
mesi

6
Mezzi di trasporto
evitare l’uso del passeggino dopo
i 3 anni e l’uso di moto e auto
elettriche, favorire il raggiungimento
a piedi della scuola (Pedibus)

7
Controllo del BMI
Identificare se si verifica l’Early
adiposity rebound (prima dei 6 anni)

8
TV, giochi sedentari
Solo dopo i 2 anni, massimo
8 ore/settimana

9
Gioco e stile di vita
Regalare e incentivare i giochi
di movimento, adatti alle varie
età del bambino

10
Porzioni corrette per l’età prescolare
Uso dell’Atlante fotografico
delle porzioni alimentari
(www.scottibassani.it)



Leggi i lavori per esteso ad accesso libero:

Brambilla P, G. Bedogni G, Bongiovanni C, Brusoni G, Di Mauro G, Di Pietro M, M. Giussani M, Gnecchi M, Iughetti L, M. Sticco M, Bernasconi
S. PROGETTO DI PREVENZIONE DELL’OBESITà INFANTILE TRA 0 E 6 ANNI “MI VOGLIO BENE”.
Medico e Bambino pagine elettroniche
2010; 13(8) http://www.medicoebambino.com/?id=PST1008_10.html

Tanas R, Caggese G, Rossato E, Desiderio E, Limauro R, Marcolongo R. VALUTAZIONE DI FATTIBILITà DI PROGETTI DI FORMAZIONE DEI PEDIATRI PER LA PREVENZIONE E LA CURA DELL’OBESITA'.
Medico e Bambino pagine elettroniche
2010; 13(8) http://www.medicoebambino.com/?id=RIC1008_10.html

Per approfondire vedi il Topic di Medico e Bambino sull'Obesità






venerdì 22 ottobre 2010

Approvata la legge sulla Dislessia

Una buona notizia per le famiglie dei circa 350 mila studenti italiani dislessici. Si tratta di bambini e ragazzi che soffrono di Dsa - Disturbi Specifici di Apprendimento (cioè dislessia (difficoltà nella lettura), la disgrafia/disortografia (difficoltà nelle manifestazioni grafiche) e la discalculia (difficoltà nello svolgimento di calcoli), tutti disturbi che non hanno nulla a che vedere con le loro capacità intellettuali ma che spesso non vengono riconosciuti e in alcuni casi causano incomprensione da parte degli insegnanti e scoraggiamento o inutili difficoltà nello studio nei ragazzi. Il Senato ha approvato, a pochi mesi di distanza dalla Camera, una legge che tutela questi studenti. La legge stanzia due milioni di euro per il 2010 e il 2011 (un milione per ogni anno) e prevede didattica personalizzata, l'uso di strumenti compensativi (personal computer, calcolatore), nonchè facilitazioni specifiche per gli esami anche universitari e per lo studio delle lingue straniere. I genitori di alunni della scuola primaria con tali disturbi, la cui diagnosi è riservata al Servizio sanitario nazionale, potranno usufruire di permessi di orario flessibile sul lavoro per assistere meglio i loro figli nelle attività scolastiche. Inoltre è prevista una specifica formazione per i docenti, per il riconoscimento tempestivo di queste patologie e per l'applicazione di didattiche riabilitative.
Con la nuova legge gli insegnanti dovranno essere consapevoli del fatto che per valutare, in modo giusto e corretto, gli alunni dislessici e con disturbi di apprendimento servono criteri differenti: come per esempio, compiti più brevi, privilegio delle interrogazioni orali rispetto alle verifiche scritte, attenzione al contenuto dei temi più che agli errori ortografici, o alla capacità di risolvere un problema più che alla conoscenza mnemonica delle tabelline.
La legge prevede la necessità di una specifica preparazione per i docenti finalizzata anche «ad acquisire la competenza per individuarne precocemente i segnali di disturbo». Altro aspetto importante disciplinato dalle nuove norme è quello che riguarda la diagnosi che dovrà essere effettuata nell'ambito dei trattamenti specialistici già assicurati dal Ssn (a legislazione vigente) e sarà comunicata dalla famiglia alla scuola di appartenenza dello studente.


IL TESTO DELLA LEGGE

Art. 1.
(Riconoscimento e definizione di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia).

1. La presente legge riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati «DSA», che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana.
2. Ai fini della presente legge, si intende per dislessia un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà nell'imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidità della lettura.
3. Ai fini della presente legge, si intende per disgrafia un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nella realizzazione grafica.
4. Ai fini della presente legge, si intende per disortografia un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nei processi linguistici di transcodifica.
5. Ai fini della presente legge, si intende per discalculia un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà negli automatismi del calcolo e dell'elaborazione dei numeri.
6. La dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia possono sussistere separatamente o insieme.
7. Nell'interpretazione delle definizioni di cui ai commi da 2 a 5, si tiene conto dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche in materia.


Art. 2.
(Finalità).

1. La presente legge persegue, per le persone con DSA, le seguenti finalità:
a)
garantire il diritto all'istruzione;
b)
favorire il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità;
c)
ridurre i disagi relazionali ed emozionali;
d)
adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle necessità formative degli studenti;
e)
preparare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei confronti delle problematiche legate ai DSA;
f)
favorire la diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi;
g)
incrementare la comunicazione e la collaborazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e di formazione;
h)
assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale.


Art. 3.

(Diagnosi).

1. La diagnosi dei DSA è effettuata nell'ambito dei trattamenti specialistici già assicurati dal Servizio sanitario nazionale a legislazione vigente ed è comunicata dalla famiglia alla scuola di appartenenza dello studente. Le regioni nel cui territorio non sia possibile effettuare la diagnosi nell'ambito dei trattamenti specialistici erogati dal Servizio sanitario nazionale possono prevedere, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, che la medesima diagnosi sia effettuata da specialisti o strutture accreditate.
2. Per gli studenti che, nonostante adeguate attività di recupero didattico mirato, presentano persistenti difficoltà, la scuola trasmette apposita comunicazione alla famiglia.
3. È compito delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell'infanzia, attivare, previa apposita comunicazione alle famiglie interessate, interventi tempestivi, idonei ad individuare i casi sospetti di DSA degli studenti, sulla base dei protocolli regionali di cui all'articolo 7, comma 1. L'esito di tali attività non costituisce, comunque, una diagnosi di DSA.

Art. 4.
(Formazione nella scuola).

1. Per gli anni 2010 e 2011, nell'ambito dei programmi di formazione del personale docente e dirigenziale delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell'infanzia, è assicurata una adeguata preparazione riguardo alle problematiche relative ai DSA, finalizzata ad acquisire la competenza per individuarne precocemente i segnali e la conseguente capacità di applicare strategie didattiche, metodologiche e valutative adeguate.
2. Per le finalità di cui al comma 1 è autorizzata una spesa pari a un milione di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, come determinato dalla tabella C allegata alla legge 23 dicembre 2009, n. 191.

Art. 5.
(Misure educative e didattiche di supporto).

1. Gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari.
2. Agli studenti con DSA le istituzioni scolastiche, a valere sulle risorse specifiche e disponibili a legislazione vigente iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, garantiscono:
a)
l'uso di una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, quali il bilinguismo, adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate;
b)
l'introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere;
c)
per l'insegnamento delle lingue straniere, l'uso di strumenti compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi graduali di apprendimento, prevedendo anche, ove risulti utile, la possibilità dell'esonero.

3. Le misure di cui al comma 2 devono essere sottoposte periodicamente a monitoraggio per valutarne l'efficacia e il raggiungimento degli obiettivi.
4. Agli studenti con DSA sono garantite, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all'università nonché gli esami universitari.

Art. 6.
(Misure per i familiari).

1. I familiari fino al primo grado di studenti del primo ciclo dell'istruzione con DSA impegnati nell'assistenza alle attività scolastiche a casa hanno diritto di usufruire di orari di lavoro flessibili.
2. Le modalità di esercizio del diritto di cui al comma 1 sono determinate dai contratti collettivi nazionali di lavoro dei comparti interessati e non devono comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 7.
(Disposizioni di attuazione).

1. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad emanare linee guida per la predisposizione di protocolli regionali, da stipulare entro i successivi sei mesi, per le attività di identificazione precoce di cui all'articolo 3, comma 3.
2. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio decreto, individua le modalità di formazione dei docenti e dei dirigenti di cui all'articolo 4, le misure educative e didattiche di supporto di cui all'articolo 5, comma 2, nonché le forme di verifica e di valutazione finalizzate ad attuare quanto previsto dall'articolo 5, comma 4.
3. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un Comitato tecnico-scientifico, composto da esperti di comprovata competenza sui DSA. Il Comitato ha compiti istruttori in ordine alle funzioni che la presente legge attribuisce al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Ai componenti del Comitato non spetta alcun compenso. Agli eventuali rimborsi di spese si provvede nel limite delle risorse allo scopo disponibili a legislazione vigente iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

Art. 8.
(Competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome).

1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione nonché alle disposizioni del titolo V della parte seconda della Costituzione.
2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a dare attuazione alle disposizioni della legge stessa.

Art. 9.
(Clausola di invarianza finanziaria).

1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 2, dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

mercoledì 13 ottobre 2010

Vaccini e disinformazione sui Social network: colpa di chi?


Roma, 29 set. (Adnkronos Salute) - Le vaccinazioni oggi in Italia "sono come le streghe di qualche secolo fa, su cui si diceva di tutto". E' l'amara constatazione di Daniel Jacques Cristelli, presidente del Gruppo Vaccini di Farmindustria, che nel corso di un workshop oggi a Roma ha diffuso i dati di una ricerca sulla percezione della vaccinazione sui social network in Italia, condotta da Sanofi Pasteur MSD. Una fotografia da cui i vaccini escono piuttosto male: solo su Facebook - visitato ogni giorno da 8 milioni di persone - si contano 40 mila pagine e 1.200 gruppi sui vaccini, nel 95% dei casi caratterizzati da un'immagine negativa. Le cose non vanno meglio su YouTube (visitato da 7 milioni di utenti al giorno): a marzo c'erano 10 mila filmati sui vaccini, con 10 nuovi video ogni giorno, nel 90% dei casi negativi; o su My Space (200 milioni di utenti al giorno e 2 mila pagine sul tema, nel 70% dei casi con un'immagine negativa). Un po' meglio su Twitter (che però in Italia conta appena 100 mila visitatori giornalieri): 70 mila pagine sui vaccini, solo per il 20% con un'immagine negativa. In generale, comunque, i social network (e la ricerca ha esaminato gli 8 più diffusi) sembrano bocciare questo mezzo di prevenzione.

"L'avversione nei confronti delle vaccinazioni è cosa antica - ha detto Giovanni Rezza del Dipartimento malattie infettive dell'Istituto Superiore di Sanità - basta guardare le 'vignette' ottocentesche sui presunti effetti del vaccino anti-vaiolo messo a punto nel 1796 da Edward Jenner". Immagini improbabili, che fanno sorridere, "ma il movimento anti-vaccinale può creare seri danni, come è accaduto nel caso della pertosse in Gran Bretagna negli anni '70", dice Rezza.
"Siamo tutti vittime di una cattiva comunicazione sui vaccini - lamenta Cristelli - Scomparsa la figura dell'autorità che sa tutto, fioriscono miliardi di opinion leader sul web, dove si trovano informazioni confuse, vecchie, attendibili e non mescolate fra loro". Proprio per sfatare miti e leggende sui vaccini, è stato presentato alla stampa un documento con 30 domande e risposte in materia, che sarà rielaborato e integrato, per costituire un Libro Bianco sulle vaccinazioni. Dalle reazioni dell'organismo, al contenuto dei vaccini, ai prodotti in fase di sviluppo, ai controlli, fino alle strategie di ricerca, in 30 punti si analizzano "i temi che sono apparsi più spesso confusi sul web. E' importante invece fare chiarezza, perché - dice Cristelli - la confusione fa male a tutti". E se il caso dell'influenza A/H1N1 e della campagna vaccinale disertata da cittadini e operatori è ancora fresco, Cristelli ha tenuto a dire che "l'H1N1 non è stata una buona operazione per l'industria, in termini finanziari e di immagine". E bisogna ancora vedere che riflessi avrà la vicenda sulla prossima campagna vaccinale contro l'influenza stagionale. Insomma, c'è ancora troppa confusione su questo tema, anche fra gli stessi operatori sanitari. Come è emerso anche dal fatto che, in occasione della pandemia influenzale, appena il 10-15% di medici e infermieri italiani si è vaccinato. "La battaglia sarà lunga - prevede Cristelli - ma è importante arrivare a garantire alle persone una fonte di informazioni attendibili, vere e condivise".

La sintesi dei contenuti dell'importante incontro che si è tenuto a Roma il 29 settembre dal titolo "Vaccini il passaparola che confusione" promosso da Confindutria ci sembrano di rilievo, perchè prendono atto di quali devono essere i metodi di comunicazione da seguire nel 2010 per una corretta ed adeguata informazione dei cittadini. Problema al momento inevaso e che riguarda non solo i moderni sistemi di social network ma anche i più tradizionali sistemi di informazione: la televisione e la carta stampata.
La domanda di fondo tuttavia rimane la stessa: da chi e come i social network prendono le loro informazioni e perchè le informazioni riportate sono spesso distorte se non addirittura contrarie alle evidenze? L'interessante libro bianco può dare adeguate risposte (ce lo auguriamo); ma non sarebbe utile oltremodo riflettere, discutere ed ammettere gli errori commessi nell'ambito di progetti di campagne vaccinali o non eseguiti con sufficiente forza, metodo e strategia innovativa di comunicazione o al contrario proposti con metodi sbagliati e contraddittori, basati su presupposti epidemiologici non precisi a dire poco (vedasi "pandemia" per l'H1N1)? E cosa dire di alcune vaccinazioni che sono offerte sul territorio nazionale a macchia di leopardo? Cosa possono dire in questi casi i social network?
Il dipartimento della Prevenzione del ministero della salute, il Consiglio Superiore di Sanità, la conferenza Stato-Regioni, l’Istituto Superiore di Sanità, l’Aifa, il Ccm sono le sei figure istituzionali che hanno voce in campo vaccinale. In genere lavorano in sintonia, ma spesso hanno opinioni diverse. La convergenza delle fonti istituzionali sarebbe quindi già un primo passo, magari definendo sistemi e metodi di comunicazione innovativi, anche utilizzando, in modo efficace, i Socialnetwork. La rivoluzione, anche culturale, potrebbe iniziare proprio da lì. Pensiamoci...a partire magari non dalla coda del problema ma dalla testa.


giovedì 7 ottobre 2010

Vaccinare per l'influenza le categorie a rischio: le raccomandazioni per la stagione 2010-2011












Il 1°ottobre, su indicazione del Ministero della Salute, è iniziata la campagna per la vaccinazione contro l'influenza stagionale.
Dopo il clamore vissuto lo scorso anno per la famosa pandemia influenzale, l'impressione è che quest'anno (ancora una volta paradossalmente) se ne parli poco. Qualcuno dirà che questo è un bene, un segnale magari positivo per ricondurre le campagne di informazione, su argomenti di sanità pubblica, in una ambito formale che riguarda i medici, i distretti territoriali e magari le Regioni.
Tuttavia, il problema è quello di capire, come discusso recentemente anche su Medico e Bambino, quali strumenti di comunicazione vanno utilizzati per rendere, un programma di prevenzione di salute pubblica, davvero efficace. Ricordate Topo Gigio lo scorso anno che cercava in tutti i modi di tranquillizare l'opinione pubblica? E ci sarebbe riuscito magari benissimo se a distanza di due minuti dalle sue parole, magari nel notiziario sulla stessa rete televisiva, non ci fossero stati gli annunci sconsiderati e contraddittori di morti e di raccomandazioni che cambiavano di giorno in giorno.
Qualcuno dice che, a fronte di una possibile pandemia, era meglio fare tutto ed anche di più, e che i mass-media non potevano fare altre che riflettere queste contraddizioni.
Il richiamo a quanto è successo lo scorso anno e a quanto non accade in questi giorni sui principali organismi di stampa (ma anche sui siti di medicina e pediatria) ha tuttavia un obiettivo di richiamo al significato vero, epidemiologicamente serio, dell'influenza stagionale e della vaccinazione per prevenirla.
Di fatto le raccomandazioni pubblicate dal Ministero della Salute riconducono il problema della prevenzione e controllo dell'influenza 2010-11 in un ambito finalmente "scientifico" di assoluta ragionevolezza, con l'identificazione delle persone a rischio come le uniche a cui rivolgere l'offerta attiva e gratuita del vaccino: "La campagna di vaccinazione stagionale, promossa ed economicamente sostenuta dal Servizio Sanitario Nazionale, è rivolta principalmente ai soggetti classificati e individuati a rischio di complicanze severe e a volte letali, in caso contraggano l'influenza. L'offerta gratuita attiva è rivolta anche alle persone non a rischio che svolgono attività di particolare valenza sociale. L’inserimento dei bambini sani di età compresa tra 6 mesi e 24 mesi (o fino a 5 anni) nelle categorie da immunizzare prioritariamente contro l’influenza stagionale è un argomento attualmente al centro di discussione da parte della comunità scientifica internazionale. Questa scelta è già stata fatta dalla Sanità Americana e Canadese e da alcuni paesi della Comunità Europea ma i dati di copertura vaccinale finora raggiunti non consentono di valutare l’impatto di tale intervento. Pertanto non si ritiene necessario promuovere programmi di offerta attiva gratuita del vaccino influenzale stagionale ai bambini che non presentino fattori individuali di rischio".

Potete leggere l'intero documento, che riporta anche le misure dimostratamente efficaci per la protezione individuale, la tipologia dei vaccini disponibili e le false controindicazioni per l'uso del vaccino, sulla home page di Medico e Bambino nella rubrica Segnaliamo.
Sul numero di ottobre di Medico e Bambino sarà pubblicata la sintesi delle raccomandazioni a cura dell'Istituto Superiore di Sanità. Non mancate di leggerla. Nel frattempo mettiamoci ancora una volta a servizio per rendere la vaccinazione antinfluenzale questa volta davvero utile per i bambini ed adolescenti a rischio e che pertanto ne hanno effetivamente bisogno.
Con serietà, informativa e scientifica, senza contraddizioni.

Federico Marchetti

domenica 26 settembre 2010

Noi, quelli delle malattie rare: intervista a Margherita De Bac


Il numero di settembre di Medico e Bambino ospita l'intervista a Margherita De Bac. Si tratta di un'intervista al contrario, in quanto fatta da un pediatra a una giornalista. Storie di vita, amore e coraggio, ma anche storie di assistenza e di relazioni tra medici e pazienti raccontate da una grande giornalista. Di fatto una lente di ingrandimento capace di portare l’argomento delle malattie rare in una grande piazza.

Riportiamo alcuni stralci dell'intervista


Cosa ti ha fatto avvicinare alle malattie rare?

"È stato un incontro casuale, anche se determinato dalla mia professione, che mi porta sempre a cercare argomenti nuovi, a guardare cosa c’è al di là di quanto non conosciamo. Dunque a muovermi lungo questa direzione è stata la curiosità giornalistica. Poi sono subentrate altre motivazioni. Ho ascoltato storie molto belle e non potevo lasciarmele scappare. Col tempo però mi sono resa conto che avrei potuto fare davvero qualcosa per le famiglie, semplicemente ascoltandole e denunciando il loro bisogno di ascolto e attenzione"

Attraverso le storie che scrivi hai avuto occasione di esplorare quanto di buono, di meno buono e di assolutamente inadeguato c’è nella medicina di oggi. Hai una sottolineatura, un esempio del peggio e del meglio che vorresti fare a noi pediatri?
"I medici in effetti vengono messi sotto accusa dai personaggi che ho raccontato in questo libro. Si rimprovera loro non tanto l’incapacità di dare una diagnosi, che può essere comprensibile, quanto la mancanza di partecipazione e collaborazione con la famiglia. Spesso i rapporti con i medici si concludono di fronte all’impossibilità di comunicare una risposta. Molte mamme mi hanno raccontato di essere state scambiate per ansiose o eccessivamente premurose solo perché insistevano sul fatto che il bambino aveva un problema malgrado fosse stato dichiarato sano"


Come vedi la situazione in Italia, nell’ambito complessivo dell’assistenza dei bambini e delle famiglie con malattie rare?
"C’è ancora molto da fare, ma non siamo gli ultimi. E comunque già il fatto di rilasciare un’intervista come questa significa che almeno un po’ di attenzione siamo riusciti ad attirarla. Per ora bisogna continuare a parlarne, a denunciare".

Manda tre messaggi: uno ai genitori di bambini con malattia rara, uno ai loro pediatri di famiglia e uno agli specialisti che li seguono.

"Ai genitori dico: non arrendetevi e soprattutto non nascondetevi. Ai pediatri: ascoltate di più le mamme perché ci azzeccano sempre. Agli specialisti: comunicate di più con i colleghi che si occupano delle stesse patologie. Basta gelosie, invidie. Collaborate".


Chi è Margherita De Bac


Margherita De Bac, giornalista del Corriere della Sera, scrive di medicina, sanità e bioetica. All’attività giornalistica unisce quella di formazione e insegnamento di tecnica della comunicazione scientifica. Nel 2009 ha aperto il blog, che è diventato un luogo di dialogo e di confronto per famiglie di ammalati, medici e ricercatori. Il suo ultimo libro sulle malattie rare si intitola: “Noi quelli delle malattie rare. Storie di vita, amore e coraggio”


L'intervista