
La febbre da denti esiste veramente? Questo articolo uscito sul quarto numero di Medico e Bambino (anche se, piccola curiosità storica, annunciato erroneamente nell’indice del primo numero) rappresenta nei fatti un esempio ante litteram di metanalisi: una revisione critica e selettiva della letteratura per mettere ordine in un problema tanto banale quanto (almeno allora) dibattuto.
Era un articolo non firmato, come spesso usavamo fare allora: un po’ per non ripetere troppe volte gli stessi nomi d’Autore, un po’ perché eravamo convinti che fosse giusto così, trascinati dall’ideologia che quello che stavamo facendo doveva semplicemente essere utile agli altri. Solo tre studi prospettici, tra i tanti presenti nella letteratura di allora, furono presi in considerazione
perché ritenuti sufficientemente adeguati sul piano metodologico (e dire che la Cochrane era lontana dal nascere…).
Le conclusioni? La dentizione può associarsi a disturbi “locali” (come la salivazione) o generali (come l’irritabilità). Non è invece associata a febbre. Tutto questo vuol dire, sottolineano gli Autori, che se un bambino con eruzione dentaria (in corso o appena avvenuta) ha la febbre va visitato e affrontato come un qualsiasi altro bambino con febbre per non incorrere nel rischio di mancare una diagnosi di malattia suscettibile di cura (Redazionale. Medico e Bambino 1982,1(4),61-3). La letteratura che si è aggiunta negli ultimi trent’anni conferma che eravamo nel giusto. Nel 2007, una metanalisi pubblicata su una autorevole rivista internazionale (Tighe M, et al. Arch Dis Child 2007;92:266-28) conclude che non ci sono evidenze che la dentizione procuri febbre, che non si può nemmeno dire che esistano con certezza sintomi specifici della dentizione (in uno degli studi prospettici presi in considerazione l’ipersalivazione, l’arrossamento gengivale, l’irritabilità o l’alvo irregolare mancano del tutto in più del 35% delle eruzioni) e che quindi non bisogna mai accettare una diagnosi di comodo di “febbre da denti” senza aver prima escluso altre cause.
Un recentissimo studio prospettico pubblicato su Pediatrics (Ramos-Jorge J, et al. Pediatrics 2011;128:471-6), pur evidenziando la possibilità che la dentizione si accompagni a qualche disturbo minore come l’irritabilità e l’ipersalivazione, riconferma inequivocabilmente che la febbre da denti “non esiste” e rimarca che questa diagnosi non andrebbe quindi mai posta. Ci sconforta non poco, quindi, che nell’ultima edizione (la diciannovesima) del nostro mitico Nelson, la low-grade fever venga ancora segnalata come un sintomo di accompagnamento della dentizione (pag. 1257). Il prof. Tinanoff che ha scritto il capitolo è un odontoiatra e, probabilmente, legge una letteratura diversa da quella che leggiamo noi… Lo abboneremo a Medico e Bambino!
Era un articolo non firmato, come spesso usavamo fare allora: un po’ per non ripetere troppe volte gli stessi nomi d’Autore, un po’ perché eravamo convinti che fosse giusto così, trascinati dall’ideologia che quello che stavamo facendo doveva semplicemente essere utile agli altri. Solo tre studi prospettici, tra i tanti presenti nella letteratura di allora, furono presi in considerazione
perché ritenuti sufficientemente adeguati sul piano metodologico (e dire che la Cochrane era lontana dal nascere…).
Le conclusioni? La dentizione può associarsi a disturbi “locali” (come la salivazione) o generali (come l’irritabilità). Non è invece associata a febbre. Tutto questo vuol dire, sottolineano gli Autori, che se un bambino con eruzione dentaria (in corso o appena avvenuta) ha la febbre va visitato e affrontato come un qualsiasi altro bambino con febbre per non incorrere nel rischio di mancare una diagnosi di malattia suscettibile di cura (Redazionale. Medico e Bambino 1982,1(4),61-3). La letteratura che si è aggiunta negli ultimi trent’anni conferma che eravamo nel giusto. Nel 2007, una metanalisi pubblicata su una autorevole rivista internazionale (Tighe M, et al. Arch Dis Child 2007;92:266-28) conclude che non ci sono evidenze che la dentizione procuri febbre, che non si può nemmeno dire che esistano con certezza sintomi specifici della dentizione (in uno degli studi prospettici presi in considerazione l’ipersalivazione, l’arrossamento gengivale, l’irritabilità o l’alvo irregolare mancano del tutto in più del 35% delle eruzioni) e che quindi non bisogna mai accettare una diagnosi di comodo di “febbre da denti” senza aver prima escluso altre cause.
Un recentissimo studio prospettico pubblicato su Pediatrics (Ramos-Jorge J, et al. Pediatrics 2011;128:471-6), pur evidenziando la possibilità che la dentizione si accompagni a qualche disturbo minore come l’irritabilità e l’ipersalivazione, riconferma inequivocabilmente che la febbre da denti “non esiste” e rimarca che questa diagnosi non andrebbe quindi mai posta. Ci sconforta non poco, quindi, che nell’ultima edizione (la diciannovesima) del nostro mitico Nelson, la low-grade fever venga ancora segnalata come un sintomo di accompagnamento della dentizione (pag. 1257). Il prof. Tinanoff che ha scritto il capitolo è un odontoiatra e, probabilmente, legge una letteratura diversa da quella che leggiamo noi… Lo abboneremo a Medico e Bambino!