sabato 28 luglio 2012

I diritti dell'infanzia e adolescenza in Italia: pubblicato il 5° rapporto

















5° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia 2011-2012

Aumento della povertà, della dispersione scolastica, del lavoro minorile e dell’esclusione sociale. 
Sono i drammatici effetti della crisi, e del progressivo calo di risorse destinate alle politiche per l’infanzia e l’adolescenza, che sta soffocando i diritti di molti bambini d’Italia. Ma soprattutto mancano dati certi: persiste infatti la carenza di un sistema di raccolta dati, rappresentativi e uniformi tra le varie Regioni, per la misurazione di diversi fenomeni che riguardano i minori, come pedofilia e pornografia, condizioni di adottabilità, sulla violenza, sul maltrattamento dei bambini, sui minori con disabilità, inclusi quelli in età compresa tra 0 e 6 anni e sui minori fuori dalla famiglia. In questo caso la modalità di raccolta dati, così frammentata e disomogenea a livello nazionale, porta ad una scarsa comparabilità delle informazioni che è invece necessaria per rendere effettivo ed esigibile al minore il diritto alla famiglia.
“La mancanza di una visione chiara degli investimenti per l’infanzia e l’adolescenza e l’assenza di fondi per l’implementazione del Piano Nazionale Infanzia aumentano il disagio di molti minori del nostro Paese”, commenta Raffaela Milano a nome del Gruppo CRC (che riunisce 85 associazioni e organizzazioni del terzo settore), che stamani ha illustrato il 5° Rapporto di aggiornamento sulla Convenzione Onu sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza alla presenza del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Elsa Fornero, e del Garante per i diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Vincenzo Spadafora. Il Rapporto fotografa ogni anno la condizione dei minori e degli adolescenti in ogni ambito della loro vita (famigliare, sociale, educativa, sanitaria, legale, ecc.), ne valuta le criticità ed esprime raccomandazioni alle istituzioni competenti al fine di garantire il rispetto dei loro diritti.
In estrema sintesi, tra gli aspetti analizzati dal 5° Rapporto, emerge che il nostro Paese si colloca ai primi posti in Europa per dispersione scolastica e incremento della povertà e supera la media dell’UE per minori a rischio povertà o esclusione sociale. 
Sono 1.876.000 in minori in condizioni di povertà relativa, di cui 1.227.000 al Sud, ai quali si aggiungono 359 mila bambini che nel meridione vivono in condizioni di povertà assoluta, cioè non dispongono di beni essenziali per il conseguimento di standard di vita minimamente accettabili.
Povertà infantile, dispersione scolastica, lavoro minorile, peggioramento delle condizioni di salute e violenza sono fenomeni connessi. La mancanza di strategie condivise e coordinate che stabiliscano priorità, impegni concreti e modalità di finanziamento per contrastare questi fenomeni aggrava il
quadro. Si evidenzia che i più esposti al lavoro precoce sono maschi in età compresa tra gli 11 ed i 14 anni, che risiedono in territori ad alto tasso di disoccupazione e che sono i soggetti più a rischio dal punto di vista cognitivo, relazionale e sociale. Per questo il Gruppo CRC chiede al Governo di approvare un Piano straordinario nazionale di contrasto alla povertà minorile, di implementare un sistema statistico del lavoro minorile a livello nazionale e locale, e di valutare l’impatto che le politiche economiche e le riforme legislative hanno sui più giovani. A proposito di dispersione scolastica, il Gruppo CRC raccomanda al Ministero dell’Istruzione di implementare il sistema informatico relativo all’anagrafe nazionale degli studenti e di finanziare progetti di sostegno e incentivazione allo studio. Esprime inoltre forte preoccupazione per la cancellazione del Fondo Nazionale Straordinario per i Servizi Socio Educativi per la prima infanzia e per la mancata previsione delle allocazioni delle risorse per il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali.
Riguardo alla violenza sui minori, nel Rapporto si sottolinea come in Italia il fenomeno dell’abuso dei minori on line continui ad essere drammaticamente grave ed esteso. L’armonizzazione delle leggi tra i paesi è fondamentale per interventi di contrasto efficaci, ma il disegno di legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote (2007) è ancora in discussione in Parlamento.

Il Rapporto dedica attenzione anche ai minori stranieri in Italia. In particolare approfondisce il tema della protezione e dell’accoglienza dei minori non accompagnati, che al 31 dicembre 2011 risultavano essere 7.750 di cui 1.791 irreperibili. Oltre alla mancanza di un sistema nazionale di accoglienza, il Rapporto segnala alcuni casi in cui i minori sono stati accolti in modo inadeguato, hanno vissuto in condizioni di promiscuità con gli adulti, privati di adeguate cure e della libertà personale. Nel documento, il Gruppo CRC affronta poi l’annosa questione del diritto di cittadinanza dei minori stranieri nati in Italia o giunti nel nostro Paese in tenera età, raccomandando al Parlamento una riforma della Legge 91/1992 per agevolarne l’acquisizione. Infine, il Gruppo CRC raccomanda al Ministero della Salute di recepire quanto gli operatori di settore ed i tecnici delle Regioni propongono e cioè di prevedere l’iscrizione obbligatoria al SSN, o almeno garantire il Pediatra di libera scelta e il Medico di medicina generale a tutti i minori stranieri presenti sul territorio nazionale, a prescindere dalla loro condizione giuridica
Il Gruppo CRC nel suo Rapporto chiede infine che il Parlamento ratifichi al più presto il nuovo Protocollo opzionale alla Convenzione ONU, che prevede la possibilità per i minori di denunciare al Comitato ONU fenomeni di abuso o violazione di propri diritti. “Auspichiamo che ogni istituzione possa, nel proprio ambito di intervento, cogliere l’urgenza delle criticità sollevate nel Rapporto e adoperarsi per risolverle”, conclude Raffaela Milano. “Il Gruppo CRC si impegnerà a collaborare in modo da arrivare al prossimo appuntamento con il Comitato ONU con un quadro delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza più conforme alla Convenzione e soprattutto avendo risolto alcune delle criticità più rilevanti del nostro sistema”.


Per ulteriori informazioni:
Ufficio stampa Save the Children Italia
Tel: 06.48.07.0023/001/81 Claudia Caputi 335 356628
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oppure il sito dedicato: www.gruppocrc.net

martedì 3 luglio 2012

ANTONIO CAO

È morto Antonio Cao. Non all’improvviso. Un cancro polmonare. Un anno fa eravamo assieme, a Ferrara, a ricordare l’altro campione della guerra alla talassemia, Rino Vullo.
 
Tutti si muore, con la propria storia alle spalle, dopo aver fatto parte della grande comunità umana, e della piccola comunità che mette ciascuno in relazione con questo insieme caotico e grandioso, con questo insieme in marcia non si sa per dove, che è, appunto, l’umanità. La piccola comunità in cui ha operato, per più di mezzo secolo, Antonio Cao, siamo noi, la pediatria. E la pediatria è una piccola nicchia nella macchina della medicina, che a sua volta è un sistema complesso, parte di un sistema enormemente più complesso, in cui il peso di ciascuno è quasi impercettibile. Eppure non è così. 
Non è così mai, perché tutto quello che facciamo, ogni decisione che prendiamo, ogni momento del nostro rapporto con i nostri compagni di viaggio, ha un peso. E certamente il peso di Antonio nella storia della sua isola, la Sardegna, nella storia della malattia sociale più importante della sua isola, e di tutta l’Italia, la talassemia, nella storia delle migliaia di persone che con questa malattia sono e sono state implicate, e nella storia della pediatria italiana, dico proprio nella sua storia materiale, ma anche nella storia della scienza, dunque direttamente nella storia dell’umanità, è stato molto più grande di quello della maggior parte dei suoi compagni di viaggio.
 
Cao, in portoghese, vuol dire cane; e si pronuncia anche così: “can”. E sebbene lui non fosse d’accordo su questa mia interpretazione fiabesca delle sue origini, io non ho mai potuto fare a meno di immaginare i suoi progenitori, nobili ebrei portoghesi in fuga dalla penisola iberica, trovare pace e rilevante collocazione sociale nell’isola ruvida, aperta ai venti e agli stranieri. E a lui anche, il nome di “cane” non è che non si adattasse. Un mastino. Uno che non lasciava andare. Superbo e ostinato nella Sua ragione: che era la ragione di uno che l’etica ce l’ha dentro. Un’etica che non tiene conto delle “circostanze”, del modo di pensare corrente, delle debolezze di un mondo debole. L’etica che non si nomina, che non si sbandiera, ma che detta quasi automaticamente le scelte: “non posso fare le cose che non sento di poter fare”. La mia esperienza della vita, e del mondo, e specialmente delle cose che succedono là dove la professione diventa diplomazia, e dove si segnano i destini delle persone (e dunqueanche delle cose) sono limitate. Ma, pur conoscendo persone “le più brave del mondo”, non conosco nessuno che, nei fatti,
abbia saputo fare quello che lui ha fatto, decidere silenziosamente, in concorso, contro ogni pre-decisione, contro ogni “conoscenza”, contro ogni accettato compromesso, e solo per scegliere, liberamente, i migliori, quelli che risultavano tali, concretamente, nella loro storia, nei loro lavori, nel loro impact factor.
La storia di Antonio Cao ha a che fare anche con la storia di Medico e Bambino, su cui ha anche scritto, sui suoi temi difficili, col suo scrivere non facile.
Nel 1968 soffiava in Italia un bel vento di rinnovamento. Questo vento è soffiato anche per la Pediatria; e, per la Pediatria, non c’è dubbio che quel vento si chiamasse ACP. Lui è sempre stato, con Sereni, con Durand, con Sansone, con Vullo, con Biasini, e con tanti altri, al centro delle operazioni.
È stato, e lo era ancora, con Prospettive in Pediatria, la Rivista che voleva portare in Italia, ancora chiusa nel ricordo dell’autarchia, la cultura pediatrica del Mondo.
Mi viene ancora in mente, perdonatemi, un altro Cao (portoghese, naturalmente): “nel 1471 Diego Cao, per primo, doppia Cabo Catalina con due vascelli, ciascuno dei quali porta nella stiva una croce di pietra alta due metri, un padrão: il primo lo pianta sulla sponda sud del fiume Congo, e il secondo al Cabo Santa Maria, vicino a Luanda”. Col vento fresco, verso il nuovo.
Ha diretto la Clinica Pediatrica di Cagliari dal 1974; dal 1980 ha diretto l’Istituto di Microcitemia; nel 1992 è diventato direttore del Centro del CNR per la ricerca sulla talassemia. Nel 2010 gli è stata conferita l’onorificenza di Maestro della Pediatria italiana, non soltanto per meriti di carattere culturale ma anche per quelli di ordine sociale e morale. Ma mi piace più ricordare un riconoscimento minore, quello della consegna del “Sardus Pater”. Gliel’ha dato nel 2008 l’allora Presidente Soru, indimenticabile anche lui: e sarebbe l’immagine del favoloso padre originario di tutta l’isola: “Le consegno questo premio come a un babbai (babbai vuol dire papà) di tutta la popolazione sarda. Non è stato soltanto un padre per tanti bambini che oggi possono nascere sani, ma anche per il ruolo di Maestro della Scienza. Dopo i ringraziamenti di tutti i genitori della Sardegna, la ringraziamo anche noi, rappresentanti delle Istituzioni”. Queste, e molte altre, sono, comunque, delle medaglie. Ciascuno è sempre qualcosa di più, ovvero qualcosa di meno delle sue medaglie. Lui, il nobile mastino, era molto di più delle sue medaglie.

Franco Panizon