domenica 31 ottobre 2010

Cure primarie in Pediatria: la situazione in Europa

Per richiamare l’attenzione sull’importanza delle cure primarie l’OMS ha di recente lanciato lo slogan Primary health care -Now more than ever (The world health report. WHO, 2008). Se da un lato sembra ovvio che la figura di riferimento delle cure primarie in età pediatrica debba essere il pediatra (Cheng TC. Pediatrics 2004;113:1802-9), risultati soddisfacenti in termine di indicatori di salute pediatrica sono stati ottenuti anche in alcuni Paesi che escludono il pediatra dalle cure primarie (Katz M, et al. Pediatrics 2002;1098:788-96). Laddove è il medico di famiglia a occuparsi in prima battuta del bambino il dibattito è aperto su quanta pediatria il medico sappia effettivamente, sulle sue capacità di selezionare correttamente i bambini da inviare in ospedale e sulla scarsa garanzia data da questo sistema in termini di azione preventiva. Nei Paesi in cui le cure primarie ai bambini sono erogate da specialisti pediatri si teme invece che l’accesso non selezionato e diretto allo specialista pediatra produca un eccesso di intervento non necessario (costoso e potenzialmente dannoso) e che in prospettiva il numero degli specialisti pediatri non sarà più sufficiente (Stephenson T, et al. Arch Dis Child 2010;95:767-8).

Uno studio sponsorizzato dalla European Academy of Paediatrics e che riguarda 29 Paesi fa la fotografia della organizzazione delle cure primarie pediatriche in Europa (Van Esso D, et al. Arch Dis Child 2010;95:791-5, vedi anche la traduzione italiana riportata sul sito di M&B). Le cose variano considerevolmente da Paese a Paese, a partire dal fatto che la stessa età pediatrica è considerata in maniera differente (0-14 una metà, 0-18 o 0-19 l’altra metà). I Paesi in cui le cure primarie pediatriche sono affidate in prima battuta al pediatra sono solo 7 (Israele, Cechia, Slovacchia, Grecia, Cipro, Spagna, Slovenia) e sono in netto calo (dal 35% al 23%) rispetto a una indagine di una decina di anni fa (Katz M. Pediatrics 2002;109:788- 96). Cala anche la quota di Paesi (dal 47% al 35%) che hanno un sistema misto (tra questi viene messa l’Italia) in cui le cure primarie pediatriche sono svolte dal pediatra ma in cui è possibile anche una scelta individuale diversa da parte della famiglia o c’è un approccio differente in ragione della tipologia dell’intervento (preventivo o clinico terapeutico).
Salgono invece i Paesi in cui le cure primarie pediatriche passano attraverso il filtro del medico di medicina generale/medico di famiglia (dal 18% al 41%). In questi stessi Paesi la formazione pediatrica del medico di medicina generale/medico di famiglia dura mediamente soltanto 4 mesi.

Si tratta forse di un lavoro poco utile per tirare delle conclusioni: ha infatti l’oggettivo limite di non offrire alcun elemento utile a valutare la resa dei modelli adottati nei diversi Paesi in termini concreti di salute dei bambini. Ma sembra comunque un lavoro da leggere, una base di partenza per riflettere in un momento di grande incertezza e di crisi di identità della pediatria.

Dalla Pagina Gialla di Medico e Bambino, Ottobre 2010



venerdì 29 ottobre 2010

La cura e la prevenzione dell'obesità del bambino: prove di sperimentazione

Il cuore centrale del numero della rivista elettronica di Medico e Bambino di ottobre è sull'obesità, con proposte di lavoro per affrontare questo rilevante problema di salute pubblica, che hanno aspetti sicuramente interessanti e innovativi: con la "Ricerca" sui risultati preliminari di un progetto di fattibilità sulla formazione dei pediatri che viene dall'esperienza di Ferrara; con la presentazione del "Protocollo di studio" sulla prevenzione dell'obesità nei bambini tra 0-6 anni (basato su interventi evidence based), a cura della Gruppo di Lavoro sull'Obesità della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS).

Un invito alla lettura e a specifici commenti.

Qui di seguito i 10 interventi di prevenzione proposti nel Protocollo di studio "Mi voglio bene"

Le 10 azioni preventive con i relativi indicatori

Azione
Indicatore

1
Allattare al seno
almeno 6 mesi

2
Svezzamento
Introduzione cibi complementari
dopo i 6 mesi

3
Apporto proteico
Controllato (in particolare nei
primi 2 anni)

4
Bevande caloriche
Evitare succhi, tisane, soft drinks,
thè, ecc.

5
Biberon
Da sospendere entro i 24
mesi

6
Mezzi di trasporto
evitare l’uso del passeggino dopo
i 3 anni e l’uso di moto e auto
elettriche, favorire il raggiungimento
a piedi della scuola (Pedibus)

7
Controllo del BMI
Identificare se si verifica l’Early
adiposity rebound (prima dei 6 anni)

8
TV, giochi sedentari
Solo dopo i 2 anni, massimo
8 ore/settimana

9
Gioco e stile di vita
Regalare e incentivare i giochi
di movimento, adatti alle varie
età del bambino

10
Porzioni corrette per l’età prescolare
Uso dell’Atlante fotografico
delle porzioni alimentari
(www.scottibassani.it)



Leggi i lavori per esteso ad accesso libero:

Brambilla P, G. Bedogni G, Bongiovanni C, Brusoni G, Di Mauro G, Di Pietro M, M. Giussani M, Gnecchi M, Iughetti L, M. Sticco M, Bernasconi
S. PROGETTO DI PREVENZIONE DELL’OBESITà INFANTILE TRA 0 E 6 ANNI “MI VOGLIO BENE”.
Medico e Bambino pagine elettroniche
2010; 13(8) http://www.medicoebambino.com/?id=PST1008_10.html

Tanas R, Caggese G, Rossato E, Desiderio E, Limauro R, Marcolongo R. VALUTAZIONE DI FATTIBILITà DI PROGETTI DI FORMAZIONE DEI PEDIATRI PER LA PREVENZIONE E LA CURA DELL’OBESITA'.
Medico e Bambino pagine elettroniche
2010; 13(8) http://www.medicoebambino.com/?id=RIC1008_10.html

Per approfondire vedi il Topic di Medico e Bambino sull'Obesità






venerdì 22 ottobre 2010

Approvata la legge sulla Dislessia

Una buona notizia per le famiglie dei circa 350 mila studenti italiani dislessici. Si tratta di bambini e ragazzi che soffrono di Dsa - Disturbi Specifici di Apprendimento (cioè dislessia (difficoltà nella lettura), la disgrafia/disortografia (difficoltà nelle manifestazioni grafiche) e la discalculia (difficoltà nello svolgimento di calcoli), tutti disturbi che non hanno nulla a che vedere con le loro capacità intellettuali ma che spesso non vengono riconosciuti e in alcuni casi causano incomprensione da parte degli insegnanti e scoraggiamento o inutili difficoltà nello studio nei ragazzi. Il Senato ha approvato, a pochi mesi di distanza dalla Camera, una legge che tutela questi studenti. La legge stanzia due milioni di euro per il 2010 e il 2011 (un milione per ogni anno) e prevede didattica personalizzata, l'uso di strumenti compensativi (personal computer, calcolatore), nonchè facilitazioni specifiche per gli esami anche universitari e per lo studio delle lingue straniere. I genitori di alunni della scuola primaria con tali disturbi, la cui diagnosi è riservata al Servizio sanitario nazionale, potranno usufruire di permessi di orario flessibile sul lavoro per assistere meglio i loro figli nelle attività scolastiche. Inoltre è prevista una specifica formazione per i docenti, per il riconoscimento tempestivo di queste patologie e per l'applicazione di didattiche riabilitative.
Con la nuova legge gli insegnanti dovranno essere consapevoli del fatto che per valutare, in modo giusto e corretto, gli alunni dislessici e con disturbi di apprendimento servono criteri differenti: come per esempio, compiti più brevi, privilegio delle interrogazioni orali rispetto alle verifiche scritte, attenzione al contenuto dei temi più che agli errori ortografici, o alla capacità di risolvere un problema più che alla conoscenza mnemonica delle tabelline.
La legge prevede la necessità di una specifica preparazione per i docenti finalizzata anche «ad acquisire la competenza per individuarne precocemente i segnali di disturbo». Altro aspetto importante disciplinato dalle nuove norme è quello che riguarda la diagnosi che dovrà essere effettuata nell'ambito dei trattamenti specialistici già assicurati dal Ssn (a legislazione vigente) e sarà comunicata dalla famiglia alla scuola di appartenenza dello studente.


IL TESTO DELLA LEGGE

Art. 1.
(Riconoscimento e definizione di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia).

1. La presente legge riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati «DSA», che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana.
2. Ai fini della presente legge, si intende per dislessia un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà nell'imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidità della lettura.
3. Ai fini della presente legge, si intende per disgrafia un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nella realizzazione grafica.
4. Ai fini della presente legge, si intende per disortografia un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nei processi linguistici di transcodifica.
5. Ai fini della presente legge, si intende per discalculia un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà negli automatismi del calcolo e dell'elaborazione dei numeri.
6. La dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia possono sussistere separatamente o insieme.
7. Nell'interpretazione delle definizioni di cui ai commi da 2 a 5, si tiene conto dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche in materia.


Art. 2.
(Finalità).

1. La presente legge persegue, per le persone con DSA, le seguenti finalità:
a)
garantire il diritto all'istruzione;
b)
favorire il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità;
c)
ridurre i disagi relazionali ed emozionali;
d)
adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle necessità formative degli studenti;
e)
preparare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei confronti delle problematiche legate ai DSA;
f)
favorire la diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi;
g)
incrementare la comunicazione e la collaborazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e di formazione;
h)
assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale.


Art. 3.

(Diagnosi).

1. La diagnosi dei DSA è effettuata nell'ambito dei trattamenti specialistici già assicurati dal Servizio sanitario nazionale a legislazione vigente ed è comunicata dalla famiglia alla scuola di appartenenza dello studente. Le regioni nel cui territorio non sia possibile effettuare la diagnosi nell'ambito dei trattamenti specialistici erogati dal Servizio sanitario nazionale possono prevedere, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, che la medesima diagnosi sia effettuata da specialisti o strutture accreditate.
2. Per gli studenti che, nonostante adeguate attività di recupero didattico mirato, presentano persistenti difficoltà, la scuola trasmette apposita comunicazione alla famiglia.
3. È compito delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell'infanzia, attivare, previa apposita comunicazione alle famiglie interessate, interventi tempestivi, idonei ad individuare i casi sospetti di DSA degli studenti, sulla base dei protocolli regionali di cui all'articolo 7, comma 1. L'esito di tali attività non costituisce, comunque, una diagnosi di DSA.

Art. 4.
(Formazione nella scuola).

1. Per gli anni 2010 e 2011, nell'ambito dei programmi di formazione del personale docente e dirigenziale delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell'infanzia, è assicurata una adeguata preparazione riguardo alle problematiche relative ai DSA, finalizzata ad acquisire la competenza per individuarne precocemente i segnali e la conseguente capacità di applicare strategie didattiche, metodologiche e valutative adeguate.
2. Per le finalità di cui al comma 1 è autorizzata una spesa pari a un milione di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, come determinato dalla tabella C allegata alla legge 23 dicembre 2009, n. 191.

Art. 5.
(Misure educative e didattiche di supporto).

1. Gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari.
2. Agli studenti con DSA le istituzioni scolastiche, a valere sulle risorse specifiche e disponibili a legislazione vigente iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, garantiscono:
a)
l'uso di una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, quali il bilinguismo, adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate;
b)
l'introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere;
c)
per l'insegnamento delle lingue straniere, l'uso di strumenti compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi graduali di apprendimento, prevedendo anche, ove risulti utile, la possibilità dell'esonero.

3. Le misure di cui al comma 2 devono essere sottoposte periodicamente a monitoraggio per valutarne l'efficacia e il raggiungimento degli obiettivi.
4. Agli studenti con DSA sono garantite, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all'università nonché gli esami universitari.

Art. 6.
(Misure per i familiari).

1. I familiari fino al primo grado di studenti del primo ciclo dell'istruzione con DSA impegnati nell'assistenza alle attività scolastiche a casa hanno diritto di usufruire di orari di lavoro flessibili.
2. Le modalità di esercizio del diritto di cui al comma 1 sono determinate dai contratti collettivi nazionali di lavoro dei comparti interessati e non devono comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 7.
(Disposizioni di attuazione).

1. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad emanare linee guida per la predisposizione di protocolli regionali, da stipulare entro i successivi sei mesi, per le attività di identificazione precoce di cui all'articolo 3, comma 3.
2. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio decreto, individua le modalità di formazione dei docenti e dei dirigenti di cui all'articolo 4, le misure educative e didattiche di supporto di cui all'articolo 5, comma 2, nonché le forme di verifica e di valutazione finalizzate ad attuare quanto previsto dall'articolo 5, comma 4.
3. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un Comitato tecnico-scientifico, composto da esperti di comprovata competenza sui DSA. Il Comitato ha compiti istruttori in ordine alle funzioni che la presente legge attribuisce al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Ai componenti del Comitato non spetta alcun compenso. Agli eventuali rimborsi di spese si provvede nel limite delle risorse allo scopo disponibili a legislazione vigente iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

Art. 8.
(Competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome).

1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione nonché alle disposizioni del titolo V della parte seconda della Costituzione.
2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a dare attuazione alle disposizioni della legge stessa.

Art. 9.
(Clausola di invarianza finanziaria).

1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 2, dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

mercoledì 13 ottobre 2010

Vaccini e disinformazione sui Social network: colpa di chi?


Roma, 29 set. (Adnkronos Salute) - Le vaccinazioni oggi in Italia "sono come le streghe di qualche secolo fa, su cui si diceva di tutto". E' l'amara constatazione di Daniel Jacques Cristelli, presidente del Gruppo Vaccini di Farmindustria, che nel corso di un workshop oggi a Roma ha diffuso i dati di una ricerca sulla percezione della vaccinazione sui social network in Italia, condotta da Sanofi Pasteur MSD. Una fotografia da cui i vaccini escono piuttosto male: solo su Facebook - visitato ogni giorno da 8 milioni di persone - si contano 40 mila pagine e 1.200 gruppi sui vaccini, nel 95% dei casi caratterizzati da un'immagine negativa. Le cose non vanno meglio su YouTube (visitato da 7 milioni di utenti al giorno): a marzo c'erano 10 mila filmati sui vaccini, con 10 nuovi video ogni giorno, nel 90% dei casi negativi; o su My Space (200 milioni di utenti al giorno e 2 mila pagine sul tema, nel 70% dei casi con un'immagine negativa). Un po' meglio su Twitter (che però in Italia conta appena 100 mila visitatori giornalieri): 70 mila pagine sui vaccini, solo per il 20% con un'immagine negativa. In generale, comunque, i social network (e la ricerca ha esaminato gli 8 più diffusi) sembrano bocciare questo mezzo di prevenzione.

"L'avversione nei confronti delle vaccinazioni è cosa antica - ha detto Giovanni Rezza del Dipartimento malattie infettive dell'Istituto Superiore di Sanità - basta guardare le 'vignette' ottocentesche sui presunti effetti del vaccino anti-vaiolo messo a punto nel 1796 da Edward Jenner". Immagini improbabili, che fanno sorridere, "ma il movimento anti-vaccinale può creare seri danni, come è accaduto nel caso della pertosse in Gran Bretagna negli anni '70", dice Rezza.
"Siamo tutti vittime di una cattiva comunicazione sui vaccini - lamenta Cristelli - Scomparsa la figura dell'autorità che sa tutto, fioriscono miliardi di opinion leader sul web, dove si trovano informazioni confuse, vecchie, attendibili e non mescolate fra loro". Proprio per sfatare miti e leggende sui vaccini, è stato presentato alla stampa un documento con 30 domande e risposte in materia, che sarà rielaborato e integrato, per costituire un Libro Bianco sulle vaccinazioni. Dalle reazioni dell'organismo, al contenuto dei vaccini, ai prodotti in fase di sviluppo, ai controlli, fino alle strategie di ricerca, in 30 punti si analizzano "i temi che sono apparsi più spesso confusi sul web. E' importante invece fare chiarezza, perché - dice Cristelli - la confusione fa male a tutti". E se il caso dell'influenza A/H1N1 e della campagna vaccinale disertata da cittadini e operatori è ancora fresco, Cristelli ha tenuto a dire che "l'H1N1 non è stata una buona operazione per l'industria, in termini finanziari e di immagine". E bisogna ancora vedere che riflessi avrà la vicenda sulla prossima campagna vaccinale contro l'influenza stagionale. Insomma, c'è ancora troppa confusione su questo tema, anche fra gli stessi operatori sanitari. Come è emerso anche dal fatto che, in occasione della pandemia influenzale, appena il 10-15% di medici e infermieri italiani si è vaccinato. "La battaglia sarà lunga - prevede Cristelli - ma è importante arrivare a garantire alle persone una fonte di informazioni attendibili, vere e condivise".

La sintesi dei contenuti dell'importante incontro che si è tenuto a Roma il 29 settembre dal titolo "Vaccini il passaparola che confusione" promosso da Confindutria ci sembrano di rilievo, perchè prendono atto di quali devono essere i metodi di comunicazione da seguire nel 2010 per una corretta ed adeguata informazione dei cittadini. Problema al momento inevaso e che riguarda non solo i moderni sistemi di social network ma anche i più tradizionali sistemi di informazione: la televisione e la carta stampata.
La domanda di fondo tuttavia rimane la stessa: da chi e come i social network prendono le loro informazioni e perchè le informazioni riportate sono spesso distorte se non addirittura contrarie alle evidenze? L'interessante libro bianco può dare adeguate risposte (ce lo auguriamo); ma non sarebbe utile oltremodo riflettere, discutere ed ammettere gli errori commessi nell'ambito di progetti di campagne vaccinali o non eseguiti con sufficiente forza, metodo e strategia innovativa di comunicazione o al contrario proposti con metodi sbagliati e contraddittori, basati su presupposti epidemiologici non precisi a dire poco (vedasi "pandemia" per l'H1N1)? E cosa dire di alcune vaccinazioni che sono offerte sul territorio nazionale a macchia di leopardo? Cosa possono dire in questi casi i social network?
Il dipartimento della Prevenzione del ministero della salute, il Consiglio Superiore di Sanità, la conferenza Stato-Regioni, l’Istituto Superiore di Sanità, l’Aifa, il Ccm sono le sei figure istituzionali che hanno voce in campo vaccinale. In genere lavorano in sintonia, ma spesso hanno opinioni diverse. La convergenza delle fonti istituzionali sarebbe quindi già un primo passo, magari definendo sistemi e metodi di comunicazione innovativi, anche utilizzando, in modo efficace, i Socialnetwork. La rivoluzione, anche culturale, potrebbe iniziare proprio da lì. Pensiamoci...a partire magari non dalla coda del problema ma dalla testa.


giovedì 7 ottobre 2010

Vaccinare per l'influenza le categorie a rischio: le raccomandazioni per la stagione 2010-2011












Il 1°ottobre, su indicazione del Ministero della Salute, è iniziata la campagna per la vaccinazione contro l'influenza stagionale.
Dopo il clamore vissuto lo scorso anno per la famosa pandemia influenzale, l'impressione è che quest'anno (ancora una volta paradossalmente) se ne parli poco. Qualcuno dirà che questo è un bene, un segnale magari positivo per ricondurre le campagne di informazione, su argomenti di sanità pubblica, in una ambito formale che riguarda i medici, i distretti territoriali e magari le Regioni.
Tuttavia, il problema è quello di capire, come discusso recentemente anche su Medico e Bambino, quali strumenti di comunicazione vanno utilizzati per rendere, un programma di prevenzione di salute pubblica, davvero efficace. Ricordate Topo Gigio lo scorso anno che cercava in tutti i modi di tranquillizare l'opinione pubblica? E ci sarebbe riuscito magari benissimo se a distanza di due minuti dalle sue parole, magari nel notiziario sulla stessa rete televisiva, non ci fossero stati gli annunci sconsiderati e contraddittori di morti e di raccomandazioni che cambiavano di giorno in giorno.
Qualcuno dice che, a fronte di una possibile pandemia, era meglio fare tutto ed anche di più, e che i mass-media non potevano fare altre che riflettere queste contraddizioni.
Il richiamo a quanto è successo lo scorso anno e a quanto non accade in questi giorni sui principali organismi di stampa (ma anche sui siti di medicina e pediatria) ha tuttavia un obiettivo di richiamo al significato vero, epidemiologicamente serio, dell'influenza stagionale e della vaccinazione per prevenirla.
Di fatto le raccomandazioni pubblicate dal Ministero della Salute riconducono il problema della prevenzione e controllo dell'influenza 2010-11 in un ambito finalmente "scientifico" di assoluta ragionevolezza, con l'identificazione delle persone a rischio come le uniche a cui rivolgere l'offerta attiva e gratuita del vaccino: "La campagna di vaccinazione stagionale, promossa ed economicamente sostenuta dal Servizio Sanitario Nazionale, è rivolta principalmente ai soggetti classificati e individuati a rischio di complicanze severe e a volte letali, in caso contraggano l'influenza. L'offerta gratuita attiva è rivolta anche alle persone non a rischio che svolgono attività di particolare valenza sociale. L’inserimento dei bambini sani di età compresa tra 6 mesi e 24 mesi (o fino a 5 anni) nelle categorie da immunizzare prioritariamente contro l’influenza stagionale è un argomento attualmente al centro di discussione da parte della comunità scientifica internazionale. Questa scelta è già stata fatta dalla Sanità Americana e Canadese e da alcuni paesi della Comunità Europea ma i dati di copertura vaccinale finora raggiunti non consentono di valutare l’impatto di tale intervento. Pertanto non si ritiene necessario promuovere programmi di offerta attiva gratuita del vaccino influenzale stagionale ai bambini che non presentino fattori individuali di rischio".

Potete leggere l'intero documento, che riporta anche le misure dimostratamente efficaci per la protezione individuale, la tipologia dei vaccini disponibili e le false controindicazioni per l'uso del vaccino, sulla home page di Medico e Bambino nella rubrica Segnaliamo.
Sul numero di ottobre di Medico e Bambino sarà pubblicata la sintesi delle raccomandazioni a cura dell'Istituto Superiore di Sanità. Non mancate di leggerla. Nel frattempo mettiamoci ancora una volta a servizio per rendere la vaccinazione antinfluenzale questa volta davvero utile per i bambini ed adolescenti a rischio e che pertanto ne hanno effetivamente bisogno.
Con serietà, informativa e scientifica, senza contraddizioni.

Federico Marchetti