A volte sembra un riflesso condizionato, quello di “mettere in flebo” il paziente di cui si è deciso il ricovero, senza chiedersi più che tanto se e quanto ve ne sia realmente bisogno. Spesso, infatti, la “flebo” è vista (anche dai genitori) come un primo intervento terapeutico che dà inizio al percorso che porterà alla guarigione, e rappresenta un segnale tangibile che si sta già “facendo qualcosa”. Qualcosa di simile si verifica con il paziente che esce dalla Sala operatoria, che ben difficilmente sfugge all’infusione, nella più o meno espressa convinzione che vi siano chissà quali carenze da compensare o prevenire, anche in pazienti che riprenderanno ad alimentarsi quasi immediatamente. Ancora più disturbante è che spesso queste infusioni, già iniziate con motivazioni deboli, vengono poi a prolungarsi con motivazioni ancora più deboli (“ha mangiato poco”, “ha ancora mal di pancia”, “per tenere la vena”, o anche solo “adesso non ho tempo” ecc).
Ma cosa c’è in queste soluzioni, complessivamente definite “di mantenimento” (con ciò intendendo che si dovrebbero limitare a mantenere lo status quo, senza aggiungere né togliere nulla alla omeostasi del paziente)?
La risposta di Massimo Fontana nell'editoriale sul numero di Marzo di Medico e Bambino ci dice che da oltre 60 anni stiamo quindi infondendo soluzioni ipotoniche. Questa pratica ha però iniziato a essere messa in discussione quando, a partire dagli anni ’90, sono comparse diverse segnalazioni di casi di iponatremia, spesso sintomatica e talora con lesioni neurologiche da edema cerebrale.
Nell'editoriale Vengono discusse le ragioni dell'uso irrazionale delle soluzioni ipotoniche e di cosa fare nella pratica (quali soluzioni usare) nei casi in cui si debba ricorrere alla reidratazione endovena
L'editoriale conclude con un richiamo ad una profonda riflessione rivolta ad un facile cambiamento: "È ovvio che una vera implementazione nella routine quotidiana di tutti i reparti di Pediatria e nei Pronto Soccorso pediatrici richiederà tempo e pazienza, verosimilmente con una fase in cui l’applicazione sarà “a pelle di leopardo”. Ma è arrivato il tempo per farlo anche alla luce della disponibilità in commercio delle soluzioni appena citate. In ogni caso sarebbe importante che le soluzioni ipotoniche non siano più un automatismo ma che vengano quanto meno guardate con sospetto (sapendo che possono essere pericolose) e che l’uso eventuale sia frutto di una scelta esplicita, ma che di fatto è irragionevole".
LA REIDRATAZIONE PER VIA ENDOVENOSA: PIU' PROBLEMI CHE “SOLUZIONI”...? .
M. Fontana .
Medico e Bambino 2019;38:142-144
https://www.medicoebambino.com/?id=1903_142.pdf
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