domenica 9 maggio 2010

Uso del ceftriaxone, variabilità, inappropriatezza: un'occasione per cambiare?




"I dati di prescrizione/consumo mostrano un importante aumento dell’uso di ceftriaxone,con un aumento dal 2001 al 2008 di oltre il 75%. Un calcolo approssimativo permette di stimare tra 1,5 e 2 milioni le persone che annualmente vengono trattate con ceftriaxone, con una spiccata variabilità regioni: i dati di consumo, standardizzati per la popolazione, sono infatti maggiori nelle regioni del Sud (l’uso in Sicilia è 20 volte maggiore della Provincia di Bolzano e 5 volte maggiore della Lombardia). Pertanto sia i consumi sia le segnalazioni di reazioni avverse sembrano indicare una quota d’uso inappropriato del medicinale, considerate le indicazioni e le modalità di dispensazione e la molteplicità di alternative terapeutiche".

I dati riportati sul consumo italiano del ceftriaxone sono tratti dal bollettino di farmacovigilanza dell'AIFA "Reazioni" (1) e riguardano prevalentemente la popolazione adulta.

Tuttavia, anche in età pediatrica, ci distinguiamo negativamente dalle altre nazioni europee non solo per l'alto consumo territoriale della intera classe delle cefalosporine (30-40% sul totale delle prescrizioni antibiotiche), ma anche per l'utilizzo delle cefalosporine iniettabili (vedi ceftriaxone). Nel 2003 ad esempio, dai dati della banca dati ARNO, 35.798 bambini (3,7%) hanno assunto antibiotici iniettabili per un totale di 233.028 pezzi: il ceftriaxone è risultato il principio attivo più prescritto (2,4% dei bambini)(2). Ed il trend di prescrizione, così come nell'adulto, non sembra affatto in diminuzione, con evidenti variabilità regionali, anche in età pediatrica.

Questa breve nota è un richiamo rivolto all'etica professionale del nostro mestiere di pediatri, senza alcuna pretesa di moralizzazione.

I punti da discutere riguardano:

1) Il dato di fatto che l'uso di antibiotici iniettabili in età pediatrica può essere preso in considerazione in specifiche situazioni che riguardano: a) il lattante febbrile a rischio di sepsi (valutazione clinica e, quando indicata, con esami di laboratorio essenziali); b) il lattante con pielonefrite che non è in grado di assumere la terapia per via orale (situazione estremamente rara); c) il bambino con una broncopolmonite complicata (che deve essere visto in ambito ospedaliero per valutare l'entità e le caratteristiche di un eventuale versamento pleurico che richiede, come cardine della terapia, il drenaggio); d) le rare situazioni di otite, sinusite, infezione cutanea etc. complitate (mastoidite, etmoidite, cellulite); e) la meningite.
Nessuna delle condizioni indicate può essere ragionevolmente trattata a domicilio.

2) L'ipotesi che l'utilizzo di una antibiotico iniettabile, rispetto ad un antibiotico orale, sia in grado di "curare" (e di prevenire le complicanze) in modo più efficace ad esempio una polmonite (o la stessa infezione urinaria) è priva di qualsiasi fondamento scientifico e non è in grado pertanto di ridurre i ricoveri ospedalieri o gli accessi in Pronto Soccorso.



3) Nel bambino l'utilizzo di un antibiotico per via intramuscolare (estremamente doloroso) andrebbe preso in considerazione, rispetto alla facile via di somministrazione per via endovenosa (con l'uso di agocannule), in casi estremamente rari (in pratica difficoltà "estrema" di accesso venoso, prosecuzione delle cure a domicilio).

4) L'uso del ceftriazone non è esente da rischi di eventi avversi, tra cui le temibili reazioni anafilattiche (1).

Di uso razionale degli antibiotici se ne parla da troppo tempo, anche in ambiti istituzionali. Anche recenti sorveglianze ci dicono che siamo uno dei paesi con il più alto consumo di antibiotici, con un andamento nel corso degli ultimi anni che, a differenza di altre Nazioni, non sembra essere in diminuzione.

Come pediatri abbiamo l'opportunità di progettare strategie serie e comunitarie rivolte ad obiettivi specifici di razionalizzazione del nostro operato. A partire da un uso più consapevole ed etico, per le ragioni dette, proprio dei farmaci antibiotici iniettabili (vedi ceftriaxone), sia in ambito territoriale che ospedaliero.

Medico e Bambino è disponibile a pubblicare qualsiasi progetto serio rispondente a questo obiettivo. Non abbiamo più bisogno di giustificazioni. E' la comunità dei pediatri italiani che lo richiede.

Federico Marchetti
Clinica Pediatrica, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste


Bibliografia
1. Anonimo. Ceftriaxone: molte reazioni avverse per l’uso inappropriato. Reazioni 2009;13:9

2. Maschi S, Clavenna A, Rossi E, Berti A, De Rosa M, Bonati M. La prescrizione dei farmaci soggetti a nota nella popolazione pediatrica italiana. Medico e Bambino pagine elettroniche 2005;8(7)

1 commento:

  1. E' una lotta impari. Sembra che senza l'antibiotico non si possa guarire, senza differenze dal Pediatra di famiglia al Pediatra ospedaliero e universitario. almeno l'80% lo prescrive per le febbri più banali. Io mi chiedo ma se fosse realmente tanto utile e così indispensabile per la vita, Fleming lo avrebbe mai scoperto? Forse no, perché sarebbe morto prima come il resto dell'umanità.

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