lunedì 2 gennaio 2012

Alessandro Liberati ci ha lasciato. Il saluto degli amici pediatri

Ci ha lasciato Alessandro Liberati. Molto, troppo presto, lui che é stato e poteva essere ancora una risorsa per il nostro SSN, capace di introdurre razionalità nelle scelte quando farlo era una scelta di rigore scientifico, non ancora un imperativo di equità e di sopravvivenza di un sistema universalistico. L’avremmo visto bene a capo di un NICE italiano, magari multicentrico, creato sulla base delle eccellenze nazionali, intento a rendere operativo per gli amministratori, i manager, e sopratutto i professionisti un metodo per cui a ciascun paziente, come pure a ciascuna collettività, viene proposto quanto di più efficace, fattibile e accettabile nella prevenzione cosi come nella diagnosi e nella cura. Una bussola del rigore che man mano incorpora i risultati della ricerca e li trasferisce al letto del malato, così come nei distretti, negli studi medici e nelle case. Quanto ce ne sarebbe bisogno, ora più che mai.

Era stato investito di responsabilità da chi credeva in lui, nel Governo, nell'Università, nelle Regioni. Ed era stato aspramente osteggiato, nelle stesse sedi, ma soprattutto dalle lobby che infestano l'Italia della Sanità come l'Italia tutta, fino alle male parole (quel “rosso”, alludendo al pel di carota ma forse anche ad altro), come ostacolo nei confronti di una distribuzione clientelare di fondi, di una valutazione che tutto teneva in conto fuorché il merito.

Caro Alessandro, la tua visione, rigorosa ma mai priva di duttilità, sempre attenta al risultato, ragionevolmente innovativa ci mancherà. Non ti hanno consentito, gli avversari e la malattia, di realizzare tutto quanto avresti voluto. Ma hai seminato parecchio e vedrai crescere molto.

I tuoi amici pediatri

La vita professione di Alessandro Liberati

Riportiamo una delle sue tante testimonianze, ripresa dal sito Partecipasalute che aveva contribuito ad immaginare e creare: a favore di una Salute pubblica partecipe e lontana da interessi personali, di gruppi o di mercato.

C'è bisogno di riallinare la ricerca accademica e commerciale per orientarla verso il paziente

Il progetto PartecipaSalute ha dato spazio diverse volte al tema della priorità della ricerca, cercando di stimolare un dibattito che coinvolgesse in particolare cittadini e loro rappresentanze. Questi ultimi, quando interrogati, hanno sottolineato la necessità e la voglia di essere coinvolti nel dibattito e ancor più la necessità di far correre su un unico binario le priorità dei pazienti e quelle della ricerca.
Esaminando la nostra realtà è invece facile vedere che i binari corrono ancora saldamente paralleli. Vero è, infatti, che i cittadini e i pazienti sono ben lontani dalla stanza dei bottoni: raramente presenti nelle commissioni o gruppi di lavoro, quasi mai coinvolti nella valutazione della assegnazione dei fondi di ricerca, scarsamente rappresentati ed isolati nei comitati etici, ancora episodicamente coinvolti nella messa a punto dei protocolli di ricerca, purtroppo diverse volte compromessi negli ingranaggi sottili del mercato della salute.

Alessandro Liberati, uno degli animatori del progetto PartecipaSalute, sta vivendo queste riflessioni in una propria personale esperienza e si sta adoperando perché dall’esperienza personale nasca una riflessione collettiva.

Con questo spirito riportiamo la traduzione di una sua recente lettera pubblicata dalla rivista Lancet.

Paola Mosconi e Roberto Satolli a nome di PartecipaSalute

La ricerca clinica è motivata da diversi fattori. Alcuni maggiormente difendibili di altri, tuttavia la maggior parte dei ricercatori clinici affermerebbe che la loro ricerca intende migliorare l’efficacia e la sicurezza delle cure. Ci sono esempi nel quale i pazienti riescono ad influenzare ciò che viene studiato, ma in realtà queste sono solo delle eccezioni.
Ho avuto l’opportunità di prendere in considerazione, da più punti di vista, il divario esistente tra quello che i ricercatori studiano e quello di cui i pazienti hanno davvero bisogno. Io sono un ricercatore, ho la responsabilità di assegnare fondi per la ricerca, e ho avuto un mieloma multiplo negli ultimi dieci anni. Pochi anni fa ho dichiarato pubblicamente che le incertezze incontrate all’inizio della mia patologia si potevano evitare. Quasi dieci anni dopo – dopo una ricaduta – ho guardato l’”epidemiologia” degli studi sui mielomi sul sito ClinicalTrials.gov. Al 31 luglio 2011 una ricerca con il termine chiave “mieloma multiplo” ha identificato 1384 studi. Di questi, 107 erano studi comparativi di fase II o III. Tuttavia solo 58 di questi aveva come obiettivo la sopravvivenza globale e in soli 10 questa ultima rappresentava l’obiettivo primario. Nessuno studio clinico riguardava confronti tipo testa a testa tra diversi farmaci o tra diverse strategie. Nel frattempo, gli esperti ritengono che gli studi citogenetici e i profili di espressione genica metteranno in luce trattamenti personalizzati per il mieloma, mentre le aziende farmaceutiche evitano la ricerca che potrebbe mostrare che i farmaci nuovi e più costosi non sono migliori rispetto a quelli di confronto già presenti sul mercato.
Se vogliamo che informazioni più pertinenti diventino disponibili, è necessaria una nuova governance della strategia di ricerca. Non si può pretendere che i ricercatori, abbandonati a sé stessi, affrontino l’attuale squilibrio. I ricercatori sono intrappolati all’interno dei loro interessi – professionali e accademici – che li portano a competere per finanziamenti dell'industria farmaceutica per fasi precoci di trial invece di diventare “campioni” di studi strategici, testa a testa e di fase III.
Non sono i gruppi di pazienti a modificare il modello prevalente di ricerca: data la mancanza di meccanismi espliciti per la prioritizzazione della ricerca essi sono spesso dominati dagli esperti con interessi personali. Né il solo finanziamento pubblico riuscirebbe a risolvere il problema.» necessario sviluppare politiche nella fase di pre-approvazione dello sviluppo di un farmaco e questo processo necessita una stretta collaborazione con le aziende farmaceutiche e continui input degli organismi regolatori.
Una componente essenziale di ogni nuovo modello di strategia sarebbe quella di riunire tutte le parti interessate, partendo da un’analisi delle ricerche esistenti e in corso prodotte indipendentemente da ogni interesse personale. Le associazioni di pazienti con mieloma spendono milioni per sostenere la ricerca con la speranza di promuovere una migliore assistenza. Con il supporto della collettività dovrebbero essere in una posizione di forza per chiedere una ridefinizione dell’agenda di ricerca nell’interesse dei pazienti. Spero che questo approccio possa essere ulteriormente discusso su The Lancet per molte altre aree della ricerca clinica e non solo in oncologia.


Alessandro Liberati

Università di Modena and Reggio Emilia, Modena, Italy; and Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale, Bologna, Italy


Lancet 2011 Volume 378, Issue 9805, Pages 1777 – 1778

Traduzione di Anna Roberto e Paola Mosconi, Istituto Mario Negri

In questo link trovate uno degli interventi pubblici di Alessandro Liberati, a difesa di quella che dovrebbe essere la ricerca scientifica e della sua immediata trasferibilità nella pratica di tutti i giorni

1 commento:

  1. Ho conosciuto Alessandro e da lui ho capito che il lavoro di medico e di professionista della salute deve essere fatto di partecipazione al di fuori delle mura domestiche del proprio ambulatorio o del proprio ospedale. Ho capito anche che non possono esistere tante verità adattabili a seconda delle circostanze o del contesto di lavoro, ma che esiste possibilmente (ma con discreta elasticità) una verità che si adatta in quel momento a quel paziente. E che non è la verità dell'immagine o del potere. Ma la verità che viene possibilmente dalle prove.

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